GLI SFIDUCIOSI
«Vorrei un Pd che sappia dire all’Italia “Vieni via con me”», dice Bersani. Ma nella piazza piena e solitaria sfilano le contraddizioni dei democratici. Orgogliosi e spaventati, tutti aspettano martedì
GLI SFIDUCIOSI
«Vorrei un Pd che sappia dire all’Italia “Vieni via con me”», dice Bersani. Ma nella piazza piena e solitaria sfilano le contraddizioni dei democratici. Orgogliosi e spaventati, tutti aspettano martedì
ROMA. C’è Oliviero Diliberto che lo saluta e la banda musicale di Mirafiori che suona l’Internazionale quando, dieci minuti alle due, Pierluigi Bersani arriva in testa al corteo. I saluti sono rapidi e la banda è svelta a cambiar musica, per il segretario ecco Romagna e Sangiovese. Via Diliberto, arriva Antonio Bassolino che rompe la testuggine del servizio d’ordine e s’installa al fianco di Bersani per pochi metri e molte foto di gruppo. Intanto militanti e simpatizzanti assediano il segretario, lo salutano da tutte le parti. La manifestazione non riesce a partire. Lui risponde con rapido sguardo e sopracciglio, poi quando in tre gridano «Vogliamo vincere…» agita la mano, sorride, non li sente mentre continuano «… la C1 non basta più, Arezzo – Arezzo». Si scopre che in realtà il corteo è già partito e in testa c’è D’Alema.
«Il nostro compito è fare in modo che la gente a cui vogliamo bene voglia bene a noi», dirà Bersani dal palco. Nei due cortei che sfilano verso piazza san Giovanni, con poca musica e molti cartelli, gli slogan sono tutti contro Bossi e Berlusconi. Ma nei discorsi tra compagni c’è un terzo avversario, più vicino: Matteo Renzi. Non si trova qualcuno che lo difenda e non si trova neanche lui, nonostante avesse assicurato la presenza. Venire è venuto, è sceso giù in pullman con i fiorentini ma mentre scendeva già avvertiva via Facebook che sarebbe tornato immediatamente indietro per un appuntamento con Roberto Benigni in palazzo Vecchio. «È un narcisista, se il Pd ha bisogno di un rottamatore lui ha bisogno di una psicologo» dice la compagna Nicoletta. Più arrabbiato ancora Enzo Cardillo, che regge lo striscione del Pd di Arcore. Enzo è stato alla stazione Leopolda tra i giovani leoni del sindaco di Firenze, ci ha creduto fino a quando ha saputo che il Renzi gli è passato sotto le finestre di casa per andare a prendersi i complimenti di Berlusconi in villa ad Arcore. «Una cosa assurda, inconcepibile, un racconto di fantascienza. Mentre noi organizzavamo questa manifestazione e alla vigilia del voto di sfiducia quello va a trovarlo a casa. Basta, con me ha chiuso».
Contro «una bagarre elettorale con la testa all’indietro» Bersani proporrà dal palco «un governo serio di stabilità istituzionale che garantisca una transizione ordinata, nuove regole elettorali e alcuni interventi urgenti in campo economico». Nel corteo prevalgono gli scettici sull’esito del voto di martedì. «Penso che si andrà a votare perché Berlusconi riuscirà a comprarsi i voti che gli servono per la fiducia e poi chiederà le urne», dice Francesco Panzin di Torino. «Certo la legge elettorale andrebbe cambiata, ma Fini sarà il grande sconfitto martedì e al governo con lui proprio non ci possiamo andare. Fin qui Bersani gli ha dato troppo credito» aggiunge Tiziano Genovesi dietro lo striscione di Varese. Laura Sandrone di Pianezza invece è convinta che alle elezioni non ci voglia andare nessuno «neanche Bossi che non è così forte come vi immaginate a Roma». Nessun problema dunque per un governo di transizione, anche con Fini: «Sempre meglio che cascare di nuovo nelle primarie». Non è la sola, le primarie sembrano diventate all’improvviso un impiccio.
Bersani chiuderà il comizio proponendo «a tutte le forze di opposizione, quelle di centrosinistra e quelle di centro» un patto per le riforme e per il governo «solido e garantito perché noi l’Unione non la rifaremo». Nel corteo si discute di primarie, alleanze e candidature. Annalisa Lari vorrebbe lanciare il presidente della Toscana Enrico Rossi e lo esalta fino a quando le fanno confessare che lei viene da Buti, in provincia di Pisa, più precisamente da Cascine di Buti che è proprio la casa di Rossi. Angela Mulè di Peschiera Borromeo vede Bersani «un po’ stanco» ma alla fine pensa sia giusto affidare a lui la coalizione. «Bersani è il miglior candidato premier ma il peggior candidato alle primarie, Vendola rischia di batterlo», ragiona Giorgio Luppi di Milano, uno che le primarie le detesta: «Col voto di un po’ di gente del centro storico di Milano abbiamo mandato Pisapia alle elezioni quando era chiaro che Boeri era un candidato con possibilità migliori. Questa moda speriamo passi in fretta». «Vendola sì che può battere il nostro segretario, perché il Pd è messo molto male. L’unica soluzione per noi, a questo punto, è tornare indietro» carica Vito Maira da Rufina, apparentemente l’unico a brandire una rossa bandiera dei Ds. «Noi la base l’abbiamo consultata, ma non per le primarie, per deciderci a mollare la giunta Lombardo», informa il siciliano Marco Alloro, segretario provinciale di Enna. E così aggiunge un’altra grana al catalogo del Pd. Il partito che ha organizzato questa manifestazione grande e solitaria. Il partito che dovrebbe saper dire all’Italia «Vieni via con me» cosa che al momento, come dice Bersani, è ancora «un sogno».
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