Risuona «Anarchy in the Uk»

Il movimento studentesco fa paura. Per l’attacco alla Rolls-Royce di Carlo e Camilla: «I dimostranti sentiranno la piena forza della legge», assicura il premier Cameron. A uscire malconcio è il Lib-dem

Il movimento studentesco fa paura. Per l’attacco alla Rolls-Royce di Carlo e Camilla: «I dimostranti sentiranno la piena forza della legge», assicura il premier Cameron. A uscire malconcio è il Lib-dem

LONDRA. «Anarchy in the Uk» titolano i giornali gratuiti a cui si aggrappano di mattina i pendolari sulla metropolitana londinese. Gli occhi strabuzzano alla vista della foto di Carlo e Camilla terrorizzati dagli studenti che circondano e colpiscono la Rolls Royce reale sulla luccicante Regent’s Street. Qualcuno sogghigna. Altri scuotono la testa. «Fucking students!» – impreca a bassa voce un signore sulla cinquantina avvolto in un cappotto grigio. Il giorno dopo le scene da rivolta urbana viste giovedì prima e dopo il voto della Camera dei Comuni a favore dell’aumento delle rette universitarie a 9.000 sterline l’anno, Londra si risveglia incredula. Con le strade disseminate di cartelli, bastoni e cocci di bottiglia. E con la gente che cerca di capire i motivi di tanta rabbia nel paese della flemma e dell’understatement.
Per i politici che siedono in parlamento quello che si è visto giovedì sulle strade della capitale del Regno Unito è semplicemente «inaccettabile», «bestiale», «criminale». «Dobbiamo essere certi che gli studenti che si comportano in questa maniera vergognosa avvertano tutta la forza della legge di questo paese» – attacca minaccioso il primo ministro conservatore David Cameron che ha fatto i complimenti alla polizia per aver dimostrato «moderazione». Quanto agli studenti si tratta solo di «sognatori» come affermato dal detestato leader liberaldemocratico Nick Clegg. E di sognatori violenti, per giunta.
«C’erano molte persone che chiaramente volevano commettere atti violenti e distruggere proprietà» – ha commentato Cameron che si trova a far fronte a un’ondata di conflitto sociale che apparentemente né lui né i suoi compagni di partito avevano messo pienamente in conto. A dare manforte al primo ministro, nell’aprire la caccia ai «vandali» che hanno avuto l’ardore di mettere a repentaglio l’incolumità degli eredi al trono è il Labour, che per voce di Ed Balls, ministro ombra agli interni attacca la «minoranza violenta» che «ha dirottato una protesta in gran parte pacifica». «Anarchici di professione e agitatori violenti» come li ha definiti il deputato conservatore David Davis, che pure ha votato contro l’aumento delle rette.
La polemica istituzionale si concentra sulla falla alla sicurezza di Carlo d’Inghilterra e Camilla Parker Bowles che avrebbe incassato un colpo nelle costole attraverso la finestra dell’auto finita aperta per errore proprio mentre i manifestanti lanciavano oggetti. Gli uomini della scorta che sarebbero stati sull’orlo di sfoderare le pistole contro i 40 manifestanti che giovedì sera avevano circondato contro la vettura reale nelle strade dello shopping. A finire per l’ennesima volta nell’occhio del ciclone è il capo di Scotland Yard Paul Stephenson: accusato nuovamente di aver sottovalutato le proteste.
Stephenson che ha promesso «un’indagine approfondita» sull’accaduto deve pure fare i conti con le critiche per la violenza della polizia. Una quarantina di manifestanti sono dovuti andare in ospedale per farsi curare le ferite riportate durante la protesta. Tra questi Alfie Meadows, un ragazzo ventenne che studia filosofia alla Middlesex University, sottoposto a un’intervento chirurgico d’emergenza alla testa durato tre ore per fermare un’emorragia cerebrale a seguito di una manganellata. Decine di studenti hanno riportato fratture ed ematomi dopo gli scontri con le forze dell’ordine che non ha esitato a ricorrere a cariche di poliziotti a cavallo per respingere la folla: una cosa così che non si vedeva dal 31 maggio 1990, giorno della grande protesta contro la poll tax voluta dalla lady di ferro Margaret Thatcher.
Ma a uscire veramente pesti da queste settimane di polemica politica e scontri di piazza sono soprattutto i liberaldemocratici che i sondaggi danno ridotti a un misero 8%. Ieri Clegg ha dovuto fare i conti con un’ondata di dimissioni di membri locali del partito che non hanno condiviso il voltagabbana sulle tasse universitarie. E in molti prevedono che il leader libdem potrebbe perdere la leadership, se gli elettori giovani a maggio bocceranno in massa il referendum per il passaggio a un sistema elettorale più proporzionale voluto da Clegg, per farla pagare ai libdem traditori.

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IL MOVIMENTO
«Ci rubano i soldi e anche la speranza» generazione 3.0
LONDRA
«Che cosa diavolo è successo alla Harry Potter generation?», si chiede l’Inghilterra per bene sorpresa dall’esplosione di una rabbia giovanile che non si vedeva da decenni. «Chi semina vento raccoglie tempesta», risponde Jonas, un ragazzo di 17 anni che studia in un college di Hackney nella zona est di Londra. «Che cosa si aspettavano da ragazzi che stanno condannando ad una vita senza futuro?».
Una generazione disillusa e arrabbiata, politicizzata ma poco ideologica che sembra trovare nella violenza di piazza l’unico mezzo per esprimere il proprio dissenso contro la politica lacrime e sangue proposta dal governo del Tory Cameron e del Libdem Clegg. Ragazzi che per parafrasare un celebre proverbio arabo assomigliano molto di più ai tempi di crisi in cui sono cresciuti, piuttosto che ai propri genitori che ai loro tempi di proteste ne hanno fatte poche, per lo più pacifiche, e su problemi che non li toccavano direttamente come la fame nel terzo mondo o l’apartheid in Sudafrica. E che non si sentono rappresentati dal sindacato studentesco percepito come distante e parte del sistema, ma neppure dai gruppuscoli e partitini della sinistra antagonista che pure cercano di approfittare dell’ondata di mobilitazione per reclutare militanti.
Il vecchio motto punk «no compromise» è diventato non a caso uno degli slogan più popolari tra gli studenti che scendono in piazza con tanti cartelli ma poche bandiere. Con la testa incappucciata ed i volti coperti, ed al suono di musica drum’n’base come eravamo abituati a vedere in Germania, in Francia o in Italia. Certo non nel regno di Elisabetta II. E questo antagonismo si riflette nelle dichiarazioni dei leader del movimento per nulla intimiditi dall’attacco della stampa contro gli studenti che il Sun bolla «yobs», come i compagni di violenze di Alex in Arancia Meccanica. Per Clare Solomon presidente del sindacato degli studenti universitari londinesi «chi parla di violenza è un’ipocrita. Sono gli stessi che sostengono la guerra in Afghanistan. I violenti sono quelli che usano i fucili. Non chi rompe una vetrina». Sulla stessa linea Mark Bergfeld, carismatico leader della coalizione Education Activist Network che sostiene che la violenza è stato «il risultato delle condizioni orribili in cui sono stati tenuti gli studenti», finiti cordonati per ore dagli agenti nella zona del parlamento.
Aaron Porter, presidente del sindacato degli studenti universitari (Nus) che sin dall’occupazione di Millbank dello scorso novembre aveva criticato la «minoranza violenta» si ritrova un pastore senza gregge. La vigilia pacifica di protesta con tanto di candele organizzata a Embankment sulle sponde del Tamigi, è stata un flop. Solo 7.000 persone contro le oltre 30.000 che hanno partecipato alla manifestazione di fronte al parlamento in cui si sono visti scontri di massa tra studenti e polizia. Ed ora il fronte radicale degli studenti si sta organizzando per creare un nuovo sindacato degli studenti da opporre al sindacato unico Nus tacciato di moderazione e indecisione.
Il radicalismo che sta provocando una scissione tra moderati ed antagonisti nel movimento studentesco britannico è la spia di un risentimento largamente diffuso non solo tra gli studenti universitari ma anche tra i teenagers delle scuole superiori che gli hanno dato manforte delle proteste. Alla base c’è la percezione di un futuro che rischia di essere senza lavoro come è quello del 17% dei giovani inglesi, dato destinato a crescere nei prossimi mesi a causa del blocco delle assunzioni in buona parte del pubblico impiego e a causa della stretta sull’economia prodotta dai tagli. E va pure peggio per i laureati: il 25% sono senza lavoro in un paese in cui fino a tre anni fa le compagnie facevano incetta di studenti freschi di laurea.
Se ai tempi della crisi continuare a studiare non sembra aumentare le possibilità di trovare un posto di lavoro, per gli studenti l’università continua a rappresentare un approdo dove provare a esaudire i propri sogni anche se non sfoceranno in un posto di lavoro. «Perché devo fare per forza ingegneria o fisica, come vuole il governo?», si chiede Camilla una studentessa di 16 anni che vuole studiare antropologia all’università. Sono queste aspirazioni frustrate che alimentano gli insulti contro i «Tory feccia», e quello che si può solo chiamare un’odio di classe contro i banchieri che come denuncia Thomas, uno studente di sociologia, «prima ci hanno rubato i soldi ed adesso ci vogliono rubare anche la speranza». p. g.

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