“Tutti a Montecitorio” e nel centro di Roma scoppia la guerriglia

Assalti ai blindati e cariche della polizia. Hic sunt leones la cultura vi fa paura sbraniamo questo governo

 

Assalti ai blindati e cariche della polizia. Hic sunt leones la cultura vi fa paura sbraniamo questo governo

  ROMA – Pochi minuti. Di tensione altissima. Nel cuore del potere e del lusso, in una città impazzita di traffico, d´acqua, di rabbia. È qui, a pochi metri da piazza del Parlamento, alle 15.26 del giorno più cupo di questa mobilitazione d´autunno, che si è scatenata ieri nella Capitale la guerriglia metropolitana tra gli studenti e le forze dell´ordine. «Sfondiamo la zona rossa», dice l´ala più dura, l´unica falange con caschi e passamontagna. Avviene alle spalle di Montecitorio. Lacrimogeni. Blindati assaliti. Sampietrini divelti e lanciati contro gli agenti. Sassi, ombrelli, uova. Poi le botte e le cariche della polizia. Dura poco, ma è paura vera, il preludio di ciò che potrebbe accadere di più grave, mentre i ragazzi avanzano con i loro scudi colorati, nel contrasto cupo delle vetrine natalizie e dei negozi vuoti. Lo scontro è durissimo, dopo ore di tentativi andati a vuoto ecco che gli universitari ci provano davvero ad arrivare al palazzo della politica. È il gruppo dei centri sociali a tentare lo sfondamento, ma alla fine gli studenti vengono dispersi, molti sono sconvolti, hanno occhi e gole bruciate, Montecitorio resta inviolabile, il ministro Maroni ringrazia le forze dell´ordine «per aver salvato la Camera dei deputati», Nichi Vendola invece parlerà di «gestione criminale dell´ordine pubblico, Roma come Santiago del Cile ai tempi di Pinochet».
Era partito teso e nervoso il corteo di ieri dalla Sapienza, il più grande di questa Onda2, universitari, ricercatori e studenti medi tutti insieme, cinquantamila forse, hic sunt leones diceva lo striscione di testa, piazza dell´Esquilino, via Cavour, e giù verso piazza Venezia, via del Plebiscito, «la cultura vi fa paura sbraniamo questo Governo», seguito dai collettivi che issavano la scritta, a caratteri cubitali, “macerie”. E poi “Ciao Mario”, per ricordare Mario Monicelli, voce dolente e irata fino alla fine contro il degrado del Paese, «la faremo noi sta´ rivoluzione». Invece, a differenza che nelle scorse settimane, ieri per ore gli studenti sono stati respinti, ricacciati indietro, ogni varco del centro storico protetto dai blindati, in una strategia difensiva nuova, che fa crescere la tensione. «Siamo accerchiati, è una tenaglia», ammettono. Di qua non si passa, di là nemmeno, ogni buco tappato, ogni vicolo protetto, una muraglia di blindati tiene i giovani lontani dai palazzi del potere, mentre la Roma del sindaco Alemanno, livida di pioggia e deturpata dai cantieri, con il metrò fermo per uno sciopero offre il peggio di sé. La gente è esasperata, ma poi la solidarietà vira verso gli studenti. «Potevano lasciarli passare, invece li hanno messi in gabbia come topi – sbotta un tassista – hanno fatto impazzire la città, per creare odio e dissenso verso chi manifesta. Ma tutti noi abbiamo dei figli e sappiamo in che condizioni oggi sono la scuola e l´università».
Alle 15.35 la guerriglia si placa. Infreddoliti, anche un po´ disperati, centinaia di ragazzi si disperdono tra le vie del centro cercando un modo per tornare a casa. Ma non la testa del corteo, i collettivi di Fisica, di Scienze Politiche, i ricercatori arrivati da fuori, da tutta Italia, perché Roma è la Capitale della protesta. E così il movimento liquido e sfuggente dopo una rapida decisione crea una nuova zona di crisi, tutti alla stazione Termini a occupare i binari, i ragazzi marciano veloci nella città attonita, impossibile stargli dietro, anche per i blindati, che per anticiparli sfregiano le strade di lampeggianti e sirene. La dimostrazione riesce, nove binari bloccati, ma gli studenti lasciano liberi quelli dei treni per i pendolari, «sono gente come noi, precari, poveracci». Le forze dell´ordine non intervengono, ciò che resta del corteo, ragazzi con le facce stanche e le giacche fradice, ripiegano verso la Sapienza, perché, dicono, «la protesta continua». Ormai è buio. L´Onda non ha fermato la politica. Ma ha invece paralizzato la Capitale, con le sue scorte e le sue auto blu, in un giorno da incubo metropolitano. “Tutti a Montecitorio” e nel centro di Roma scoppia la guerriglia  Assalti ai blindati e cariche della polizia    Hic sunt leones la cultura vi fa paura sbraniamo questo governo  MARIA NOVELLA DE LUCA


ROMA – Pochi minuti. Di tensione altissima. Nel cuore del potere e del lusso, in una città impazzita di traffico, d´acqua, di rabbia. È qui, a pochi metri da piazza del Parlamento, alle 15.26 del giorno più cupo di questa mobilitazione d´autunno, che si è scatenata ieri nella Capitale la guerriglia metropolitana tra gli studenti e le forze dell´ordine. «Sfondiamo la zona rossa», dice l´ala più dura, l´unica falange con caschi e passamontagna. Avviene alle spalle di Montecitorio. Lacrimogeni. Blindati assaliti. Sampietrini divelti e lanciati contro gli agenti. Sassi, ombrelli, uova. Poi le botte e le cariche della polizia. Dura poco, ma è paura vera, il preludio di ciò che potrebbe accadere di più grave, mentre i ragazzi avanzano con i loro scudi colorati, nel contrasto cupo delle vetrine natalizie e dei negozi vuoti. Lo scontro è durissimo, dopo ore di tentativi andati a vuoto ecco che gli universitari ci provano davvero ad arrivare al palazzo della politica. È il gruppo dei centri sociali a tentare lo sfondamento, ma alla fine gli studenti vengono dispersi, molti sono sconvolti, hanno occhi e gole bruciate, Montecitorio resta inviolabile, il ministro Maroni ringrazia le forze dell´ordine «per aver salvato la Camera dei deputati», Nichi Vendola invece parlerà di «gestione criminale dell´ordine pubblico, Roma come Santiago del Cile ai tempi di Pinochet».
Era partito teso e nervoso il corteo di ieri dalla Sapienza, il più grande di questa Onda2, universitari, ricercatori e studenti medi tutti insieme, cinquantamila forse, hic sunt leones diceva lo striscione di testa, piazza dell´Esquilino, via Cavour, e giù verso piazza Venezia, via del Plebiscito, «la cultura vi fa paura sbraniamo questo Governo», seguito dai collettivi che issavano la scritta, a caratteri cubitali, “macerie”. E poi “Ciao Mario”, per ricordare Mario Monicelli, voce dolente e irata fino alla fine contro il degrado del Paese, «la faremo noi sta´ rivoluzione». Invece, a differenza che nelle scorse settimane, ieri per ore gli studenti sono stati respinti, ricacciati indietro, ogni varco del centro storico protetto dai blindati, in una strategia difensiva nuova, che fa crescere la tensione. «Siamo accerchiati, è una tenaglia», ammettono. Di qua non si passa, di là nemmeno, ogni buco tappato, ogni vicolo protetto, una muraglia di blindati tiene i giovani lontani dai palazzi del potere, mentre la Roma del sindaco Alemanno, livida di pioggia e deturpata dai cantieri, con il metrò fermo per uno sciopero offre il peggio di sé. La gente è esasperata, ma poi la solidarietà vira verso gli studenti. «Potevano lasciarli passare, invece li hanno messi in gabbia come topi – sbotta un tassista – hanno fatto impazzire la città, per creare odio e dissenso verso chi manifesta. Ma tutti noi abbiamo dei figli e sappiamo in che condizioni oggi sono la scuola e l´università».
Alle 15.35 la guerriglia si placa. Infreddoliti, anche un po´ disperati, centinaia di ragazzi si disperdono tra le vie del centro cercando un modo per tornare a casa. Ma non la testa del corteo, i collettivi di Fisica, di Scienze Politiche, i ricercatori arrivati da fuori, da tutta Italia, perché Roma è la Capitale della protesta. E così il movimento liquido e sfuggente dopo una rapida decisione crea una nuova zona di crisi, tutti alla stazione Termini a occupare i binari, i ragazzi marciano veloci nella città attonita, impossibile stargli dietro, anche per i blindati, che per anticiparli sfregiano le strade di lampeggianti e sirene. La dimostrazione riesce, nove binari bloccati, ma gli studenti lasciano liberi quelli dei treni per i pendolari, «sono gente come noi, precari, poveracci». Le forze dell´ordine non intervengono, ciò che resta del corteo, ragazzi con le facce stanche e le giacche fradice, ripiegano verso la Sapienza, perché, dicono, «la protesta continua». Ormai è buio. L´Onda non ha fermato la politica. Ma ha invece paralizzato la Capitale, con le sue scorte e le sue auto blu, in un giorno da incubo metropolitano.

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