La pazienza dei forti

Stazioni e autostrade bloccate; cortei improvvisati, traffico impazzito in molte città  italiane, da Milano a Roma, da Pisa a Bologna a Padova a Napoli. Gli studenti, insieme ai ricercatori, avevano annunciato che le città  italiane sarebbero state bloccate per fermare l’approvazione del disegno di legge sull’università , frutto del tandem Gelmini-Tremonti. Una scelta radicale commisurata alla posta in gioco: il presente e il futuro degli studenti e di quei ricercatori che, da qui a una manciata di mesi, saranno mandati al macero come d’altronde gran parte dell’università  pubblica.

Stazioni e autostrade bloccate; cortei improvvisati, traffico impazzito in molte città  italiane, da Milano a Roma, da Pisa a Bologna a Padova a Napoli. Gli studenti, insieme ai ricercatori, avevano annunciato che le città  italiane sarebbero state bloccate per fermare l’approvazione del disegno di legge sull’università , frutto del tandem Gelmini-Tremonti. Una scelta radicale commisurata alla posta in gioco: il presente e il futuro degli studenti e di quei ricercatori che, da qui a una manciata di mesi, saranno mandati al macero come d’altronde gran parte dell’università  pubblica.
La volontà di ridurre l’università italiana a simulacro della formazione garantita a tutti, è espressione diretta del modello di società che la destra persegue. Un progetto dove non c’è posto per quel diritto sociale duramente conquistato nei decenni scorsi: l’accesso al sapere e alla conoscenza come bene comune, proprietà di tutti. Per quel coacervo di populismo e logica aziendale che è la destra italiana, l’università deve tornare ad essere un luogo impenetrabile per la maggioranza di uomini e donne. Una logica feroce di censo e di classe squadernata senza ritegno da un premier e da ministri che si ritengono al di sopra della costituzione formale e materiale del nostro paese, chiusi, asserragliati nella loro città proibita.
L’iter accidentato di questa controriforma non è certo concluso con la sua approvazione alla camera. In questi mesi negli atenei hanno preso la parola ricercatori e studenti, guardati con sospetto da quei baroni che usano l’università come feudo personale, da sempre discreti, ma convinti supporter della ministra dell’Istruzione e della Ricerca. I protagonisti della protesta hanno dichiarato la loro indisponibilità a far funzionare facoltà e dipartimenti. Nelle loro mobilitazioni sono riusciti a far diventare l’università un tema centrale nella discussione pubblica e il loro punto di vista ha conquistato consensi al punto da diventare maggioranza, nonostante la chiusura del governo e il basso profilo dell’opposizione parlamentare.
L’approvazione del disegno di legge alla camera cambia comunque il panorama in cui questo movimento dovrà muoversi. Hanno pochi interlocutori nelle aule parlamentari, ma ne hanno molti fuori dal bunker del sistema politico. Dovranno fare leva su un’attitudine poco apprezzata come la pazienza e spiegare nuovamente perché la controriforma segna una cesura nella società italiana. Lo dovranno spiegare nuovamente forti, tuttavia, della convinzione che loro, studenti, ricercatori e, perché no?, docenti costituiscono il futuro dell’università. A quel futuro non intendono rinunciare, perché vogliono cambiare la realtà che li condanna a un destino di precarietà: nei rapporti di lavoro e nell’accesso alla conoscenza.
Come ieri sono riusciti a bloccare le città, dovranno cominciare, con intelligenza, a creare le condizioni affinché la controriforma non possa essere applicata. Continuando, ad esempio, a rompere quella gerarchia feudale che vincola e assoggetta i ricercatori ai baroni, dominus che possono decidere il bello e il cattivo tempo sul loro lavoro di ricerca. Oppure imponendo, come studenti, una innovazione radicale rispetto ai percorsi formativi, triturati dentro la folle logica dei crediti formativi, causa della dequalificazione di massa.
L’indisponibilità si accompagna sempre al rifiuto di obbedire e di fare proprie le regole dominanti. È tempo che quella indisponibilità scenda dal tetto dove ha conquistato la visbilità e diventi pratica quotidiana dentro le facoltà e i dipartimenti.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password