La cantina dei libri proibiti “Qui li salvammo da Hitler”

A Berlino scoperte decine di migliaia di volumi destinate ai roghi nazisti da Proust a Mann, da Remarque a Sinclair, tutti nascosti sotto una bottega. Andreas Wolff, libraio di origine russa, creò il bunker segreto nel cuore della città  rischiando la propria vita. Spostando la scrivania-cassa del negozio si vede una botola che porta nel caveau ancora ricolmo di capolavori letterari 

A Berlino scoperte decine di migliaia di volumi destinate ai roghi nazisti da Proust a Mann, da Remarque a Sinclair, tutti nascosti sotto una bottega. Andreas Wolff, libraio di origine russa, creò il bunker segreto nel cuore della città  rischiando la propria vita. Spostando la scrivania-cassa del negozio si vede una botola che porta nel caveau ancora ricolmo di capolavori letterari 

BERLINO. A Berlino, si sa, cammini a ogni passo sui drammi della Storia. Ma adesso è riemersa dal passato più tragico anche la cantina segreta dei libri proibiti. Un sottoscala ben nascosto dalla scrivania-cassa d´una libreria di grido d´allora, dove Andreas Wolff, colto e temerario libraio d´origine russa, nascose tutte le decine di migliaia di opere letterarie che la tirannide nazista aveva vietato e bruciato in pubblico nei famigerati roghi di libri. Wolff rischiò con la vita, ma era deciso all´impossibile e ci riuscì: tramandare ai contemporanei e ai posteri la grande letteratura tedesca, in lingua tedesca o straniera e tradotta che i nazisti bruciarono in piazza, esaltanti e ubriachi al canto dello Horst-Wessel-Lied. L´edizione domenicale della “Frankfurter Allgemeine” ha scoperto il bunker dei libri proibiti, e ieri ce lo ha raccontato a piena pagina quasi conducendoci per mano in quella scoperta mozzafiato.
Bundesallee 133, nel quartiere di Friedenau, è l´indirizzo della libreria, che si chiamava Buchandlung Wolff dal nome del fondatore fino a qualche anno fa, e oggi porta il nome “der Zauberberg”, la montagna incantata, un omaggio a Thomas Mann e a uno dei più illustri tra i suoi libri dati alle fiamme da quello che lui nel “Doktor Faustus”, con le parole del coprotagonista narratore Serenus Zeitblom, definì “il governo della feccia”. È un vivace e insieme tranquillo quartiere amato dagli intellettuali: ci vissero Guenter Grass, Herta Mueller, Hans Magnus Enzensberger, Uwe Johnson e Max Frisch. Ma la cosa straordinaria è un´altra. Appunto, l´impresa che riuscì a gospodin (o Herr) Andreas Wolff. Harald Loch, l´attuale gestore della libreria della montagna incantata, la mostra volentieri a chi va a trovarlo, dopo un buon bicchiere di champagne offerto agli ospiti e alla sua amica Natalia Liublina. È facile, ma perfetti quanto stupidi i gendarmi della repressione nazista non ci arrivarono mai, e gospodin Wolff si seppe guardare dai delatori. Loch ripete quanto Wolff faceva ogni volta, per i clienti fidati: scansa con una spinta la scrivania-cassa. Appare una botola, una piccola scala di legno ti porta nel sotterraneo. Ci arrivi e l´emozione ti toglie il fiato, gli occhi guidati da flebili luci al neon perdono lo sguardo tra le migliaia di titoli proibiti, accumulati sugli scaffali. Polvere, odore di stantìo, eppure il bunker della salvezza che sfidò e sconfisse l´Indice del divieto nazista ha resistito al tempo. Se apri un qualsiasi volume di Thomas Mann o di Bertolt Brecht non si rompe, e lo leggi ancora chiaramente. Questa cantina racconta una storia sconosciuta, fa capire Harald Loch. O peggio, una storia dimenticata, o mai inseguita per curiosità da chi nacque e crebbe dopo il 1945 della disfatta nazista o il 1989 della caduta del Muro. I libri erano cari, spesso chi voleva leggerli ma non poteva permetterseli veniva dal buon gospodin Wolff a noleggiarli. E questa fama, forse, salvò il libraio e il suo bunker della sfida.
La svolta fu brutale, aprile 1933. Pochi mesi dopo la presa del potere, i nazisti aprirono i Lager, decapitarono ogni opposizione, resero impossibile così il sorgere d´ogni resistenza. E quei grandi roghi di libri, un sinistro rito pagano del fuoco, furono il loro trionfo. Wolff salvò migliaia di titoli: tutto Thomas Mann, Remarque, Marcel Proust, testi di altri autori stranieri. Riuscì persino, racconta Herr Loch, a procurarsi titoli degli autori tedeschi emigrati per sfuggire alla repressione, organizzando un contrabbando con l´estero che avrebbe potuto portarlo alla ghigliottina come i fratelli Scholl. «Riuscii grazie a lui a leggere Mephisto di Klaus Mann nel 1936, mentre di Heinkel di Goering radevano al suolo le città spagnole», narra un vecchietto. Le regole del leasing clandestino dei libri proibiti erano ferree: chi voleva leggerli, ed era abbastanza fidato per scendere nel bunker con gospodin Wolff, doveva divorarli e restituirli entro 24 ore. Sia perché la richiesta di leggerli era grande, sia perché il solo averli a casa era reato gravissimo. Ecco ancora tra gli scaffali i volumi proibiti di Upton Sinclair, o Carlotta a Weimar. Fino a un volume poco conosciuto, ma rivelatore: “die Pflasterkaesten”, le casse di gesso. Memorie della prima guerra mondiale, ricordi dal fronte d´un giovane soldato che ricorda quel suo commilitone sempre isterico e paonazzo di panico a ogni attacco degli inglesi. L´isterico era Adolf Hitler, lo scrittore che ne narrò quel volto si chiamava Alexander Mortiz Frey. I nazisti distrussero la sua casa, lui riuscì a fuggire in Svizzera dove morì nel 1957, povero e dimenticato. Non tornò mai in Germania, oggi la memoria di lui rivive, in quel bunker segreto sotto la cassa della libreria della montagna incantata, a Bundesallee 133 di Berlino, unita e libera.

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