Il Governo ed il suo Presidente del Consiglio, hanno più volte dichiarato di voler approvare entro la legislatura corrente la riforma delle giustizia. Certo la materia è complessa, considerando anche gli interessi personali in gioco ma, dato che le feste natalizie inclinano all’empatia, che oggi purtroppo non si sostanzia atti politici concreti, vorremmo attirare l’attenzione su un aspetto di questa riforma che giace da lungo tempo in Parlamento, ostaggio dei giochi di palazzo tra le più alte cariche dello Stato.
Il Governo ed il suo Presidente del Consiglio, hanno più volte dichiarato di voler approvare entro la legislatura corrente la riforma delle giustizia. Certo la materia è complessa, considerando anche gli interessi personali in gioco ma, dato che le feste natalizie inclinano all’empatia, che oggi purtroppo non si sostanzia atti politici concreti, vorremmo attirare l’attenzione su un aspetto di questa riforma che giace da lungo tempo in Parlamento, ostaggio dei giochi di palazzo tra le più alte cariche dello Stato. Parliamo della norma che consentirebbe a molti bambini detenuti al seguito delle loro madri di non passare la prima infanzia dietro le sbarre, come d’altra parte impone la Convenzione Onu sui Diritti dei Minori che l’Italia ha sottoscritto più di vent’anni or sono e che, per questo aspetto come per tanti altri, rimane largamente disattesa. Per molti bambini, infatti, anche quest’anno, Babbo Natale porterà i regali dietro le sbarre di un istituto penitenziario. Sono 58 i bambini che ad oggi in Italia si trovano ancora in carcere, insieme alle proprie mamme detenute, nonostante molte di queste donne avrebbero diritto agli arresti domiciliari speciali e potrebbero uscire dal carcere. Ma così non è; le attuali norme di legge, infatti, lo impediscono, con la conseguenza che a pagare il prezzo più alto di questo divieto sono i bambini che, non solo nascono e crescono negli istituti penitenziari italiani, ma in seguito vengono separati dal loro spesso unico affetto al terzo anno di età, subendo un trauma ulteriore. Molti di loro hanno fratelli e sorelle più grandi che li attendono a casa, anch’essi privati della presenza e delle cure materne. Si stima siano almeno 5.000 i bambini in questa condizione, perché l’attuale normativa impedisce non solo ai più piccoli di nascere e crescere fuori dal carcere, ma anche ai loro fratelli e sorelle di vivere accanto alla propria madre.
E dunque, oltre la retorica garantista e le “grandi” questioni inerenti la riforma delle giustizia, basterebbe che il testo di legge che concerne questi diritti dei minori in galera, fermo da tempo in Commissione Giustizia della Camera, venisse discusso e approvato dal Parlamento per essere finalmente approvato entro Natale, per assicurare così a questi bambini delle feste che siano realmente tali. Per queste ragioni chiediamo che siano approvate con urgenza le modifiche chiave al testo unificato ancora in discussione dalla Commissione Giustizia, perché davvero si realizzi l’obiettivo, che a parole tutti condividono, che «nessun bambino varchi più la soglia di un carcere». Per farlo sarebbe sufficiente approvare le norme, già nel testo, che evitano il carcere per le madri con bambini da 0 a 3 anni, anche come misura cautelare, e far accedere così le mamme agli arresti domiciliari speciali portando finalmente fuori dal carcere i propri bambini. A questo proposito sono disponibili da anni strutture che potrebbero ospitare queste donne ma che non hanno l’avvallo delle legge per entrare in funzione. Altre decisioni immediate vertono sulla possibilità di permettere alle mamme di accompagnare e di restare con il proprio figlio/a per tutta la durata del trattamento qualora esso/a abbia urgenza di essere portato al pronto soccorso, o necessiti di ricevere cure specialistiche o ci sia la necessita di un ricovero ospedaliero. Ed infine, ma non per importanza, chiediamo che venga approvata la norma di tutela per le straniere detenute, in quanto madri recluse con i propri figli, evitando, a fine pena, l’espulsione automatica senza alcuna verifica.
Queste sarebbero, in un “paese normale” norme di civiltà giuridica minimale, non materia di contenzioso dell’alta politica, ma, proprio per questo, temiamo che non verranno prese in considerazione.
* Presidente di Terre des Hommes
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