«Meglio guardare belle donne che essere gay». Silvio Berlusconi scandalizza il mondo. Valanga di reazioni critiche, ma i suoi riescono difenderlo. Per le opposizioni siamo ai titoli di coda di un film horror, ma manca ancora il lieto Fini
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Una battuta da arresto

«Meglio guardare belle donne che essere gay». Silvio Berlusconi scandalizza il mondo. Valanga di reazioni critiche, ma i suoi riescono difenderlo. Per le opposizioni siamo ai titoli di coda di un film horror, ma manca ancora il lieto Fini

«Meglio guardare belle donne che essere gay». Silvio Berlusconi scandalizza il mondo. Valanga di reazioni critiche, ma i suoi riescono difenderlo. Per le opposizioni siamo ai titoli di coda di un film horror, ma manca ancora il lieto Fini
MILANO
Matto, malato o genio del male. Poteva stare zitto o gettare acqua sul fuoco in attesa che il bunga bunga si sgonfiasse e che gli italiani mandassero giù anche questa. E invece Berlusconi fa scoppiare un altro putiferio. «Meglio guardare le belle ragazze che essere gay», spara in visita a sorpresa alla fiera del ciclo di Milano. La frase inqualificabile fa il giro del mondo.
Le associazioni gay si indignano, le opposizioni invocano la caduta del governo, i finiani, come al solito, criticano e traccheggiano. E lo spettacolo, squallido più che mai, ha sempre un unico protagonista. Lui. Non resta che indignarsi o riconoscersi. Chissà quanti italiani sotto sotto la pensano proprio come lui e quante ragazze vorrebbero essere Ruby. Malaticci di sesso come lui, possono solo sbirciare la scollatura di Ruby nelle tv di Sua emittenza, invidiosi sia del vecchio capo che dell’ormai celebre minorenne. Mentre il premier fa battute. Gaffe. Barzellette che non fanno più ridere, indegne per un capo di governo, ma che spiazzano gli avversari e rubano la scena alla realtà. 
«C’avrei da sistemare in questi stand una certa Ruby». Comincia così lo show alla fiera delle due ruote. «Nessun problema», gli assicurano tra strette di mano e grandi risate. Spazio ai discorsi seri. «Il governo ha fatto tanti gol. State tranquilli governeremo fino a fine legislatura. La cosa peggiore sarebbe una campagna elettorale feroce». Quanto ai rifiuti a Napoli, «sono solo colpa del comune». Avanti con il classico attacco ai magistrati e ai giornali. «Faremo una legge sulle intercettazioni, l’utilizzo di questa procedura dovrà essere limitata al terrorismo internazionale, alle organizzazioni criminali, alla pedofilia e agli omicidi; le intercettazioni non potranno essere prodotte come prove e chi le pubblicherà dovrà subire un fermo del suo media da 3 a 30 giorni».
Nessun chiarimento sui punti oscuri della vicenda Ruby. Berlusconi la trasforma in uno sketch. «Non leggete i giornali perché vi imbrogliano. Mi stanno scatenando addosso una tempesta di carta. Vedrete che alla fine verrà fuori che il mio non è stato altro che un atto di solidarietà che mi sarei vergognato di non fare, e invece l’ho fatto perché da sempre sono fatto così». Lui è un buono. E ancora: «Lavoro tutto il giorno e se qualche volta mi capita di guardare qualche bella ragazza, meglio che essere gay».
«Meglio essere gay che Berlusconi», insorgono le associazioni gay che ieri si sono trovate in presidio sotto Palazzo Chigi. Per Aurelio Mancuso «si è superato i limite». Franco Grillini è ancora più chiaro: «Meglio essere gay che intrallazzone e sex addicted come Berlusconi, il quale pretende di essere insieme puttaniere e moralista». 
La politica finisce inevitabilmente per abbassarsi al livello dei discorsi imposti dal capo. «Il posto ideale per Berlusconi – attacca Antonio Di Pietro – non è certo Palazzo Chigi ma una bettola di periferia. Abbiamo avuto l’ennesima prova dell’inadeguatezza del signor Berlusconi a ricoprire il ruolo di presidente del consiglio». Incalza Paolo Ferrero (Fed): «Invece di fare rivendicazioni da macho Berlusconi dia le dimissioni e si faccia curare». Per Bersani il premier «porta il paese al caos». Persino Mara Carfagna questa volta si imbarazza: «Sarebbe meglio non fare queste battute». Eh, già. Ma per staccare la spina bisognerebbe che i «ribelli» finiani non si limitassero a vergognarsi del loro presidente del consiglio.
Vendola ormai parla da principale esponente dello schieramento avversario e da gay dichiarato. «Ora che il regno smotta paurosamente nel fango e nell’immondizia – dice in un video-messaggio – ora che molti tuoi generali e caporali cercano di negoziare la propria personale salvezza, sarebbe bella una tua uscita di scena decorosa. Il tempo delle barzellette è finito, non perché noi di sinistra non sappiamo ridere, ma perché il tuo umorismo, il tuo avanspettacolo, il tuo teatro della virilità mettono tristezza. Sembrano i titoli di coda di un film finito male». Purtroppo, non hanno ancora acceso le luci. 

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