Dopo l’acquisizione del documento del Dap che consigliava la revoca del carcere duro
PALERMO – I magistrati che indagano sulla trattativa fra Stato e mafia durante le stragi del ’92-’93 acquisiranno il documento sul 41 bis rivelato ieri da Repubblica. In quell’appunto del 6 marzo 1993, l’allora direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Nicolò Amato, consigliava al Guardasigilli Giovanni Conso di revocare il carcere duro per i capimafia. E spiegava che dell’argomento si era anche discusso in un comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza, il 12 febbraio ’93: «In quella sede – scriveva il direttore del Dap – sono state espresse, particolarmente da parte del capo della polizia, riserve sulla eccessiva durezza di siffatto regime. E anche recentemente da parte del ministero dell’Interno sono venute pressanti insistenze per la revoca dei decreti negli istituti di Poggioreale e di Secondigliano».
Dopo l’acquisizione del documento del Dap che consigliava la revoca del carcere duro
PALERMO – I magistrati che indagano sulla trattativa fra Stato e mafia durante le stragi del ’92-’93 acquisiranno il documento sul 41 bis rivelato ieri da Repubblica. In quell’appunto del 6 marzo 1993, l’allora direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Nicolò Amato, consigliava al Guardasigilli Giovanni Conso di revocare il carcere duro per i capimafia. E spiegava che dell’argomento si era anche discusso in un comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza, il 12 febbraio ’93: «In quella sede – scriveva il direttore del Dap – sono state espresse, particolarmente da parte del capo della polizia, riserve sulla eccessiva durezza di siffatto regime. E anche recentemente da parte del ministero dell’Interno sono venute pressanti insistenze per la revoca dei decreti negli istituti di Poggioreale e di Secondigliano». Il documento sembra smentire quanti hanno affermato, davanti ai magistrati e alla commissione antimafia, che dopo la strage Borsellino lo Stato seguì solo la linea della fermezza. Di certo, proprio in quei mesi di inizio ´93, Bernardo Provenzano rassicurava il popolo di Cosa nostra che il carcere duro sarebbe stato revocato: così hanno rivelato i pentiti. Da dove, e soprattutto da chi, arrivavano le certezze del padrino?
I pm Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e Paolo Guido valutano di risentire il ministro dell´Interno Nicola Mancino: quando venne ascoltato, l´anno scorso, i magistrati gli chiesero anche della gestione del 41 bis. Né Mancino, né altri hanno mai parlato del comitato in cui si discusse di revocare il carcere duro.
Nel novembre ´93 il 41 bis fu sospeso per davvero a 140 mafiosi. L´ex Guardasigilli Giovanni Conso ha dichiarato all´Antimafia che fu una sua «personale iniziativa». Ma non ha convinto. Anche Conso e Amato saranno interrogati a Palermo.
Oggi, Repubblica è in grado di documentare che quell´appunto del Dap era stato già scoperto otto anni fa da Gabriele Chelazzi: il pm della Direzione nazionale antimafia che indagava sulle stragi chiedeva spiegazioni proprio all´ex ministro Conso, il 24 settembre 2002 (il verbale, «presso gli uffici della Dna», segna le 16,45 come ora d´inizio). Poi, dopo la morte di Chelazzi (nel 2003), di quell´appunto non si è saputo più nulla. Ora, riemerge dall´archivio del ministero della Giustizia.
Il portavoce dell´IdV, Leoluca Orlando, si domanda: «Qualcuno forse ha costruito rapporti illeciti e perversi sfruttando la decisione di Conso?». Il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri chiede che il presidente del Consiglio dell´epoca, Ciampi, vada presto in Antimafia.
Protesta l´associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. «Siamo costernati per le dichiarazioni di Conso – dice Giovanna Maggiani Chelli – quando si è scoperto che la mafia con le stragi cercava di bloccare il 41 bis? Perché la porcata di revocare il carcere duro non fu fatta prima di novembre, così da salvare i nostri figli?». Sono parole di rabbia. «Perché per tanti anni uomini dello Stato hanno taciuto? E altri continuano a tacere?».
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