La Banca dell’Agricoltura dopo l’attentato
Il materiale processuale sulla strage del 12 dicembre 1969 è stato catalogato dopo anni di lavoto. Per oltre trent’anni era rimasto incustodito in uno scantinato del tribunale di Catanzaro. Fu scoperto grazie alle ricerche di una laureanda. L’archivio digitale sarà presentato durante un convegno
La Banca dell’Agricoltura dopo l’attentato
Il materiale processuale sulla strage del 12 dicembre 1969 è stato catalogato dopo anni di lavoto. Per oltre trent’anni era rimasto incustodito in uno scantinato del tribunale di Catanzaro. Fu scoperto grazie alle ricerche di una laureanda. L’archivio digitale sarà presentato durante un convegno
ALLA FINE la battaglia è stata vinta. Le carte processuali per la strage di Piazza Fontana sono finalmente al sicuro, raccolte dopo anni di lavoro in 9 cd. Ma non è stato semplice: per oltre un trentennio sono rimaste incustodite in uno scantinato del tribunale di Catanzaro, dove il processo per la bomba di piazza dell’Agricoltura venne trasferito nel 1972 per motivi di ordine pubblico. Incustoditi e in pessimo stato, raccolti in centinaia di faldoni raffazzonati ed esposti all’umidità, i documenti dei procedimenti giudiziari di una delle pagine più oscure e tragiche della storia d’Italia rischiavano di diventare inservibili, di essere persi o di finire al macero. Al di là del mero valore giudiziario gli atti processuali della strage di Piazza Fontana sono importanti sotto il profilo storico perché contengono tutte le istruttorie, gli interrogatori, le deposizioni dei protagonisti di quella oscura vicenda. E centinaia di fotografie.
A salvare la memoria della strage di Piazza Fontana è stata una campagna giornalistica prima e della società civile poi. Nel 2004 è una studentessa padovana alle prese con la tesi di laurea, Maria Itri, a scoprire il disordine e il degrado in cui versano quei documenti: “Tutta questa imponente mole di fascicoli giace nei sotterranei del tribunale in un caos primordiale: i faldoni sono confusi tra di loro. Solo un volenteroso li ha segnati fuori con un pezzettino di scotch isolante colorato per distinguere le diverse provenienze (Milano azzurro, Roma rosa…). Forse può sembrare banale ricordarlo, ma cercare un foglio fuori posto in quattro archivi significa quasi sicuramente averlo perso per sempre”.
La denuncia dell’allora laureanda è raccolta dal Quotidiano della Calabria che lancia l’allarme, subito ripreso dall’associazione “Altra Catanzaro”. Viene così promosso un appello, a cui aderiscono storici e intellettuali, affinché quel patrimonio di memoria e di conoscenze non venga disperso. L’iniziativa dà i suoi frutti e nel 2007 il Tribunale di Catanzaro decide la digitalizzazione degli atti e un riordino di tutti i documenti in senso cronologico. È poi il ministero della Giustizia, sotto il governo Prodi, a stanziare i fondi necessari e bandire la gara per mettere in salvo le carte di Piazza Fontana.
Gli atti dei processi per la strage che il 12 dicembre 1969 costò la vita a 16 persone e ne ferì 88 vengono così trasferiti dai supporti cartacei a quelli digitali. Un’operazione che non si presenta affatto semplice per l’enorme mole di documenti da digitalizzare prima e catalogare poi: si tratta di cinque milioni di pagine raccolte in centinaia di faldoni, suddivisi in quattro archivi, con documenti spesso mischiati tra di loro. Ma anche per il cattivo stato di conservazione del materiale: molti atti risultano sbiaditi e i reperti fotografici (negativi e originali) sono stati conservati a lungo in buste inadeguate a superare indenni l’usura del tempo e dell’umidità.
Il lavoro è delicato e faticoso. Ci vogliono tre anni, ma alla fine le carte di Piazza Fontana vengono salvate dall’oblio e dall’incuria. Adesso sono al sicuro in un archivio digitale di 9 cd che verrà presentato a Catanzaro il 26 novembre in occasione del convegno “Da Piazza Fontana a oggi: i documenti, le trame, i processi”, organizzato dall’associazione forense “Diritto di difesa” e dal circolo culturale “Augusto Placanica”.
All’iniziativa parteciperà anche il giudice Guido Salvini, il magistrato che alla fine degli anni Ottanta riaprì le indagini su quella strage. E che oggi dice: “Il lavoro di digitalizzazione è importante per due motivi. Il primo è che consente di accedere facilmente a quei documenti. Negli anni ho ricevuto tante volte richieste di aiuto da parte di storici, studenti o anche semplici cittadini che cercavano le carte di piazza Fontana per scrivere un libro, fare una tesi o semplicemente per riflettere. Li aiutavo fornendo loro qualche copia degli atti più importanti che avevo conservato o mettendoli in contatto con qualche archivio privato e un po’ artigianale come il mio. Ora, finalmente, tutto è accessibile. La seconda ragione è che l’archivio digitale facilita anche il lavoro di chi in questo momento – ed è singolare, non a Milano – sta compiendo le verifiche sui nuovi elementi che stanno emergendo negli ultimi mesi. Ora finalmente può trovarle con più facilità grazie a questo gioiello informatico: forse il caso piazza Fontana non è ancora chiuso”.
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