Da Berlusconi a Gheddafi, i ritratti “non censurati” di alleati e nemici. Emerge la visione di un mondo difficilmente governabile e denso di minacce. Nelle radiografie top secret i limiti, i difetti, la caratura e le strategie dei capi. Per la prima volta l’America vede rivelati i suoi giudizi integrali su partner e avversari. A molti statisti le informative segrete delle ambasciate non fanno sconti
Da Berlusconi a Gheddafi, i ritratti “non censurati” di alleati e nemici. Emerge la visione di un mondo difficilmente governabile e denso di minacce. Nelle radiografie top secret i limiti, i difetti, la caratura e le strategie dei capi. Per la prima volta l’America vede rivelati i suoi giudizi integrali su partner e avversari. A molti statisti le informative segrete delle ambasciate non fanno sconti
NEW YORK
Silvio Berlusconi “politicamente debole, inefficace come leader europeo moderno”, più vicino a Vladimir Putin e Gheddafi che ad alleati come la Merkel o Netanyahu. Non è pettegolezzo, non è voyeurismo: le 250.000 comunicazioni confidenziali rivelate da Wikileaks sono un documento storico di eccezionale importanza.
Per la prima volta, suo malgrado, chi governa l´America vede rivelati i suoi giudizi integrali sui leader stranieri. Ecco come la superpotenza mondiale classifica, analizza, gerarchizza i suoi interlocutori: è uno straordinario squarcio di verità su “intelligence gathering” e “decision-making”, i due momenti-chiave – raccolta delle informazioni e processo decisionale – che guidano la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato. Capi di governo di nazioni sorelle, alleati di lunga data, fiancheggiano i nemici pubblici numero uno come Ahmadinejad. E´ una cornice impressionante, una sfilata di leader che nei dispacci riservati vengono vivisezionati dalla rete diplomatica, perché Washington deve sapere esattamente con chi ha a che fare. Vizi personali, difetti politici, caratura, strategie, scheletri negli armadi: ecco le radiografie top secret degli statisti, a portata di tutti.
Così Elizabeth Dibble, incaricata d´affari all´ambasciata americana a Roma, si sente in dovere di informare il Dipartimento di Stato che il presidente del Consiglio italiano per le “frequenti lunghe nottate e l´inclinazione ai party” è affaticato anche fisicamente, oltre a risultare “incapace”. L´informativa sulle “feste selvagge” non fa che rafforzare la preoccupazione strategica. Insospettisce gli americani la relazione troppo stretta tra il premier italiano e quello russo, Vladimir Putin, che viene descritta a base di “regali opulenti”, “lucrosi contratti energetici”, con un “intermediario-ombra”. Il risultato è che Berlusconi, nel giudizio dell´ambasciata, “appare sempre più come il portavoce di Putin” in Europa. Un ruolo allarmante, per gli Stati Uniti, che non possono tollerare il doppio gioco da un partner storico della Nato. La profonda sfiducia verso Berlusconi è tanto più grave se affiancata a quel che l´ambasciata di Mosca scrive su Putin: un “alpha-dog”, cioè capo-branco, che domina su una Russia che “virtualmente è uno Stato della mafia” . Al suo confronto il presidente Dmitri Medvedev, cioè colui che Barack Obama ha scelto come suo interlocutore (dal disarmo nucleare alle sanzioni sull´Iran), pur essendo ufficialmente di rango superiore a Putin, in realtà “è come Robin verso Batman”, cioè il cadetto, la figura più debole.
Su Gheddafi, altro personaggio cruciale nel Pantheon delle frequentazioni berlusconiane, le informazioni frugano nell´intimo. “Ipocondriaco, fa filmare i suoi controlli medici. Usa il Botox contro le rughe. Ha paura dei lunghi voli, e dei piani alti. Non può viaggiare senza avere al suo fianco l´infermiera ucraina Galyna Kolotnytska, una bionda voluttuosa”. Al punto che un volo speciale solo per la donna ucraina fu organizzato in fretta e furia per ovviare a un ritardo nella concessione del visto, in occasione dell´assemblea dell´Onu.
Ogni debolezza personale è passata ai raggi X, è materiale prezioso per guidare l´approccio dell´Amministrazione Usa verso i leader stranieri. I giudizi su Berlusconi sono eccezionalmente duri ma non per una “congiura”, visto che anche ad altri statisti le informative segrete delle ambasciate non fanno sconti. Nicolas Sarkozy ha diritto a un ritrattino poco lusinghiero: “l´imperatore nudo” lo descrivono nelle missive indirizzate a Washington, per via del “carattere permaloso, lo stile personale autoritario”, l´abitudine di sconfessare pubblicamente il suo primo ministro e altri membri del governo. In Europa si salva Angela Merkel, definita “teflon” come il materiale per le pentole dove il cibo non si attacca. Era una celebre definizione di Ronald Reagan, perché le sconfitte gli scivolavano sulla pelle. Una cancelliera “tenace quando è in difficoltà”, però anche “avversa al rischio, raramente creativa”. Più severa è la pagella sul ministro degli Esteri Westerwelle: “anti-americano e poco competente”. Ne esce comunque l´immagine di un´Europa rimpicciolita nell´attenzione e soprattutto nella stima dei leader americani. Le date dei rapporti diplomatici indicano che la marginalizzazione degli europei era già avanzata sotto l´Amministrazione Bush, prima ancora che arrivasse Obama con la sua visione rivolta all´Asia Pacifico.
Le rivelazioni su ciò che la diplomazia Usa pensa degli avversari sono importanti perché dipingono un mondo ancora più pericoloso, ingovernabile e denso di minacce, di quanto Washington non ammetta nella sfera pubblica. Il presidente Ahmadinejad è paragonato a Hitler oppure definito “un nuovo Pinochet”, della cui elezione “il popolo iraniano si pentirà amaramente”. Il dittatore nordcoreano Kim Jong-il, che in questi giorni ha messo l´America di fronte a una grave crisi internazionale, è “un vecchio rimbecillito dopo l´ictus”. I leader della Cina sono “i veri mandanti del cyber-attacco contro Google”. E´ dal 2002, secondo i dispacci riservati dell´ambasciata Usa a Pechino, che provengono direttamente dal Politburo del partito comunista cinese le direttive per “una campagna coordinata di sabotaggio informatico a danno del governo americano e dei suoi alleati europei”.
Nei teatri più caldi del Medio oriente e dell´Asia centrale, gli interlocutori privilegiati di Washington si rivelano inaffidabili o peggio. Sul premier israeliano Benjamin Netanyahu il giudizio è in apparenza positivo (“elegante e seducente”), seguito però dall´osservazione che “non mantiene mai le promesse”. Ed è l´uomo su cui Obama deve appoggiare il suo dialogo di pace. Disastroso il ritratto di Ahmid Karzai, il presidente dell´Afghanistan a cui Obama dovrebbe trasferire progressivamente le responsabilità della guerra contro i talebani. “Un paranoico, circondato dalla corruzione, con un fratellastro a capo del narcotraffico”. Ieri Hillary Clinton ha passato la giornata al telefono con molti di questi capi di Stato stranieri, per ricucire le ferite aperte da Wikileaks. Ma ci vuol altro che il lavoro della diplomazia tradizionale, per rimediare a un cataclisma che ha sconvolto il ruolo stesso della diplomazia. Né basteranno in futuro nuove regole, nuovi circuiti di comunicazione, nuove barriere anti-incursioni. In questo choc bisognerà anche spiegare all´opinione pubblica americana lo scarto immenso, tra il galateo dei vertici e quel che Washington pensa davvero di amici, alleati, avversari.
0 comments