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“Gole profonde nei governi alleati WikiLeaks svelerà  le nostre fonti”

Timori di Washington per i “confidenti” nell’esecutivo italiano.  Italia e Usa hanno spesso seguito linee diverse in scenari come Iran e Afghanistan. Nelle carte notizie su azioni di leader alleati in contrasto con le politiche dichiarate. I testi coprono il periodo 2006-2009: potrebbero esserci rivelazioni anche sull’esecutivo Prodi

 

Timori di Washington per i “confidenti” nell’esecutivo italiano.  Italia e Usa hanno spesso seguito linee diverse in scenari come Iran e Afghanistan. Nelle carte notizie su azioni di leader alleati in contrasto con le politiche dichiarate. I testi coprono il periodo 2006-2009: potrebbero esserci rivelazioni anche sull’esecutivo Prodi

  NEW YORK. «I messaggi riservati dalle nostre ambasciate potrebbero rivelare che alti esponenti di governi alleati sono la fonte di informazioni imbarazzanti su quel che accade nei loro governi, dietro le quinte». A Washington una fonte del dipartimento di Stato indica così quale può essere una delle tante ricadute disastrose delle nuove rivelazioni di WikiLeaks.

C´è una gola profonda nel governo italiano, che dà notizie riservate agli americani sul presidente del Consiglio? È una delle ipotesi che hanno alimentato la “teoria del complotto” ieri a Roma.
Dalla Russia all´Italia, diversi Paesi potrebbero riconoscersi in quelle comunicazioni top secret spesso ancora affidate ai “cable” (telegrammi), tra le ambasciate Usa e Washington, che contengono «descrizioni poco lusinghiere dei loro leader». Il portavoce del Dipartimento di Stato, P. J. Crowley, ha riassunto così quei rapporti dalle ambasciate che presto saranno di dominio pubblico: «Descrivono il contenuto di incontri, l´analisi di eventi in altre nazioni, le conversazioni confidenziali con esponenti dei governi locali e con esponenti della società civile. Sono coperti dal segreto per ragioni fondate. Contengono informazioni sensibili, e rivelano le fonti di quelle informazioni». La funzione di quei messaggi, prosegue Crowley, «è aiutarci a capire quel che accade negli altri Paesi, per guidare le nostre politiche». Secondo James Collins, diplomatico Usa che oggi lavora al Carnegie Endowment for International Peace, «quei telegrammi sono scritti con la massima sincerità, senza autocensure, possono contenere giudizi espliciti sulla situazione politica locale, resoconti di incontri tra l´ambasciatore e politici di governo o di opposizione».
L´ambasciatore americano a Roma, David Thorne, ha dovuto interrompere il “ponte” festivo di Thanksgiving per avvertire il governo italiano che gli Stati Uniti si aspettano «tensioni» per la fuga di notizie. L´arco temporale di quei documenti riservati va dal 2006 al 2009. Quindi include due governi italiani, quello guidato a Romano Prodi e l´attuale; e due ambasciatori: il repubblicano Ronald Spogli e il democratico Thorne, nominato da Obama. A spiegare il nervosismo di Franco Frattini e il suo allarme su «strategie dirette a colpire l´immagine dell´Italia», a Washington si rincorrono varie ipotesi. Si ricorda che Silvio Berlusconi non è mai riuscito ad avere con Barack Obama un rapporto personale paragonabile a quello che ebbe con George Bush. Un solo vertice bilaterale, obbligatorio: quello al G8 dell´Aquila. Poi basta. La richiesta di un bilaterale avanzata da Palazzo Chigi e Farnesina in occasione del vertice Nato e Usa-Ue di Lisbona il weekend scorso è stata lasciata cadere dagli americani, anche se poi Obama ha ringraziato pubblicamente l´Italia per l´invio di altri 200 soldati in Afghanistan.
La mancanza di uno stretto rapporto personale e di canali informali tra Berlusconi e la Casa Bianca, a Washington viene considerata come l´origine delle tante “teorie della cospirazione”: per esempio quella su un appoggio americano alla rottura di Gianfranco Fini. Anche le visite recenti di esponenti del Partito democratico in America, da Pierluigi Bersani a Nichi Vendola, sono state accolte con nervosismo dall´entourage di Berlusconi mentre a Washington vengono descritte come «rapporti istituzionali del tutto normali con le opposizioni». Ai frequentatori dell´ambasciata di Via Veneto, Thorne (democratico bostoniano e cognato di John Kerry, l´attuale presidente della commissione Esteri del Senato e uno dei più ascoltati consiglieri di Obama in politica estera) ha sempre spiegato che è suo compito spiegare a Washington l´importanza dell´Italia «anche a prescindere da chi la governa».
Il ruolo italiano nelle missioni Nato, in Iraq e ancor più in Afghanistan, è prezioso. Uno dei timori è che le rivelazioni di WikiLeaks possano colpire anche lì. O in altri settori dove le attività italiane possono entrare in rotta di collisione con gli interessi degli Stati Uniti. Nelle valutazioni confidenziali che i diplomatici americani inviano a Washington dalle sedi estere, sempre da fonti del dipartimento di Stato trapela la possibilità che«governi alleati intraprendano azioni in contrasto con le loro politiche ufficiali e dichiarate». Per l´Italia in passato i terreni di attrito sono stati i legami particolari con Putin, Gheddafi, o tra l´Eni e l´Iran.
A Washington tuttavia le preoccupazioni principali riguardano l´impatto-WikiLeaks nei rapporti con altri governi. Tra i primi ad essere stati avvisati sul “contenuto probabile” di quelle rivelazioni c´è stato il premier David Cameron a Londra, poi Canada, Norvegia, Svezia, Turchia, Israele, Australia.

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