“Bloccai il 41bis per evitare altre stragi mafiose”

La rivelazione dell’ex Guardasigilli Conso. E Palermo torna a indagare sulle bombe di Firenze

ROMA – L’annuncio è clamoroso e arriva quasi vent’anni dopo: «Non ho rinnovato il 41 bis in scadenza a novembre del 1993 per 140 imputati per mafia detenuti nel carcere dell’Ucciardone per evitare altre stragi». Confessione di Giovanni Conso, ministro della Giustizia al tempo dei massacri di Cosa Nostra.

La rivelazione dell’ex Guardasigilli Conso. E Palermo torna a indagare sulle bombe di Firenze

ROMA – L’annuncio è clamoroso e arriva quasi vent’anni dopo: «Non ho rinnovato il 41 bis in scadenza a novembre del 1993 per 140 imputati per mafia detenuti nel carcere dell’Ucciardone per evitare altre stragi». Confessione di Giovanni Conso, ministro della Giustizia al tempo dei massacri di Cosa Nostra. E anche se lui giura che quella decisione l´ha presa in assoluta solitudine – senza consultarsi con la Presidenza del Consiglio, senza avere mai ricevuto pressioni da reparti speciali o servizi segreti – qualcuno in Sicilia comincia a dire sottovoce qualcosa che potrebbe modificare tutto ciò che è stato prospettato in questi ultimi mesi sui patti stipulati prima e durante le stragi. Forse la trattativa fra mafia e Stato a un certo punto si è trasformata in una trattativa fra Stato e mafia, ricercata dagli apparati, inseguita da personaggi che oggi sono ancora nell´ombra.
La rivelazione in commissione di Conso – assai ritardata come i ricordi di altri smemorati di queste vicende come l´ex Guardasigilli Claudio Martelli o come l´ex presidente della Camera Luciano Violante – scivolerà nelle carte dei pubblici ministeri di Palermo che indagano sui ricatti incrociati di quella stagione e che hanno depositato agli atti della loro inchiesta due verbali di interrogatorio. Verbali che s´incrociano proprio con la sorprendente rivelazione di Conso. Carte che raccontano molto e che complicano ancora di più la ricostruzione di quello che avvenne fra l´uccisione di Giovanni Falcone (23 maggio 1992) e le bombe ai Georgofili di Firenze (27 maggio 1993) passando per la morte di Paolo Borsellino e il misterioso arresto di Totò Riina.
Due verbali. Uno è l´ultimo interrogatorio condotto da Gabriele Chelazzi, il pubblico ministero che stava investigando sui mandanti esterni a Cosa Nostra nella strage di Firenze. Chelazzi ascoltò il generale dei carabinieri Mario Mori – lo stesso che oggi è sotto processo a Palermo per avere favorito la latitanza di Bernardo Provenzano – cinque giorni prima di morire, l´11 aprile del 2003. E l´interrogatorio si concentrò sul mancato rinnovo del carcere duro – da parte del ministro Conso – di quei 140 detenuti dell´Ucciardone. Il pubblico ministero Chelazzi aveva trovato sulle agende di Mori la traccia di incontri fra il generale e il magistrato Francesco Di Maggio, in quegli anni vice direttore del Dipartimento dell´amministrazione penitenziaria. Naturalmente non c´è un legame accertato fra quegli incontri e il 41 bis rimosso ma, già nel 2003, il magistrato fiorentino era convinto che quel passaggio – il carcere duro risparmiato ai 140 mafiosi – fosse cruciale per decifrare una fase della trattativa. L´ex ministro della Giustizia ha raccontato in Commissione che prese quella decisione «rischiando», puntando tutto sull´ala non stragista di Cosa Nostra, cioè su Bernardo Provenzano che «pensava più agli affari che alla politica delle bombe». Un cattivo ricordo: in quel lontano 1993, molti davano addirittura per morto Provenzano o comunque sempre subordinato a Totò Riina. Ecco perché il suo annuncio ha provocato grandi fibbrillazioni negli ambienti giudiziari siciliani.
E adesso veniamo al secondo verbale appena depositato. È di Alfonso Sabella, per tanti anni pm di punta a Palermo. È sua la ricostruzione del ritorno dei pentiti in Sicilia nel 1996, guidati da Balduccio Di Maggio (quello che parlò del famoso bacio fra Riina e Andreotti) e Santino Di Matteo, il padre del piccolo Giuseppe sciolto nell´acido da Giovanni Brusca. Vicini a Provenzano, uccisero molti boss del giro di Riina. Il sospetto è che, in qualche modo, apparati di sicurezza avessero coperto le loro scorribande. Per trattare in pace con il nuovo capo, che allora – tre anni dopo il 1993 – era sì diventato Bernardo Provenzano. La trattativa, sicuramente partita da Riina con il papello, poi sembra avere preso un´altra strada. Ancora tutta da scoprire. E dove sicuramente non s´incontra solo il generale Mori e il suo reparto speciale.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password