Omicidio Tommasoli, assolti tre imputati

VERONA Ribaltata la sentenza di primo grado

VERONA Ribaltata la sentenza di primo grado

Colpo di scena al processo d’appello per l’omicidio di Nicola Tommasoli, aggredito a Verona nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2008 e morto dopo cinque giorni di coma.
Venerdì la Corte d’Appello di Venezia, dopo sette ore di camera di consiglio, ha in gran parte ribaltato la sentenza di primo grado, assolvendo dall’accusa più grave tre dei cinque giovani imputati. Sono il ventunenne Raffaele Dalle Donne, condannato in primo grado a 12 anni, Guglielmo Corsi, 22 anni, condannato a 10 anni, e Andrea Vesentini, 23 anni, già assolto dall’accusa di omicidio preterintenzionale ma condannato ad un anno e quattro mesi per la «violenza privata» ai danni del giovane punk Luigi «Red» Paoli, che ebbe uno spiacevole incontro con il quintetto la stessa sera in cui furono aggrediti Nicola e i suoi due amici, Andrea Csontala ed Edoardo Cazzarolli. Per i ventiduenni Federico Perini e Nicolò Veneri, indicati da numerose testimonianze come quelli vicini al corpo di Nicola quella maledetta notte, la condanna è confermata ma ridotta, dai 14 anni comminati dalla Corte d’Assise di Verona a 10 anni e 8 mesi. I due vengono invece assolti per l’episodio del giovane punk, che si era visto costretto a consegnare alcune spillette, di cui resta imputato il solo Corsi, ritenuto responsabile anche dell’aggressione ad Andrea Csontala, a cui fu chiesta la famosa sigaretta rifiutata che scatenò la tragedia. Riconosciute dalla corte veneziana anche le responsabilità di Andrea Vesentini, un anno e due mesi per aver tirato i capelli a Csontala e spinto Cazzarolli, e di Dalle Donne, un anno per le lesioni inflitte a Cazzarolli.
La sentenza d’appello non modifica soltanto le pene, assolvendo tre dei cinque imputati «per non aver commesso il fatto», concedendo le attenuanti generiche, la sospensione della pena e quindi disponendo la liberazione di Dalle Donne e Corsi, che erano agli arresti domiciliari.
Rovescia dalle fondamenta l’impianto accusatorio del pm scaligero Francesco Rombaldoni, basato sul concorso e quindi sull’unità d’intenti dei cinque nell’aggressione a Tommasoli e ai suoi amici, preceduta dall’episodio di «Red» Paoli, impianto avvalorato anche a Venezia dalle richieste del procuratore generale Antonino Cappelleri, che ha addirittura chiesto un inasprimento delle pene.
L’avvocato Franco Rossi Galante è uno dei legali di parte civile per la famiglia Tommasoli. Ha l’amaro in bocca ma non perde la fiducia: «In pratica – spiega – togliendo il concorso, la vicenda viene riportata a fatto individuale, come se le aggressioni fossero singole, non un’aggressione di cinque contro tre vittime ma tre singole aggressioni, ciascuno ha picchiato quello che aveva di fronte. È una visione diversa, tant’è vero che Vesentini, che in primo grado era stato assolto, è stato condannato per aver partecipato. Ma la Cassazione potrebbe ribaltarla. Ora aspettiamo le motivazioni della sentenza ma penso che faremo ricorso e, probabilmente, lo farà anche il procuratore generale».
In città la notizia arriva in tarda serata ma le reazioni non si fanno attendere. Già nella notte di venerdì, a porta Leoni, su quella balaustra che nei giorni dopo la morte di Nicola divenne simbolo di memoria e riflessione, compaiono due striscioni che recitano «Vergogna!» e «Nessuna giustizia Nessuna pace».
Ieri pomeriggio un presidio ha voluto ricordare alla città, già di corsa per lo shopping natalizio, che questa sentenza non è accettabile, non per le pene non inflitte ma perché nega le radici di una violenza legata alle frange ultras e ai gruppi di estrema destra – almeno tre dei cinque coinvolti nella vicenda avevano frequentazioni di questo genere – oscurando quel poco di dibattito politico e culturale che il delitto Tommasoli, all’epoca ultimo di una serie infinita di aggressioni a danni di «diversi», aveva innescato in città.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password