Il Vendola show alla conquista delle primarie

Come si mette? Si mette che loro, gli altri, sono un po’ nervosetti e lui continua ad arrampicarsi sulle metafore dalla mattina alla sera, sparando a zero sull’universo mondo. Tutti lo ascoltano, tutti lo applaudono.
Da Varese, dove si fa apprezzare perfino da qualche leghista curioso, fino al Teatro Dal Verme di Milano, che iera sera era strapieno solo per lui.

Come si mette? Si mette che loro, gli altri, sono un po’ nervosetti e lui continua ad arrampicarsi sulle metafore dalla mattina alla sera, sparando a zero sull’universo mondo. Tutti lo ascoltano, tutti lo applaudono.
Da Varese, dove si fa apprezzare perfino da qualche leghista curioso, fino al Teatro Dal Verme di Milano, che iera sera era strapieno solo per lui. La tappa milanese di Nichi Vendola, che ormai è in tour permanente come se le primarie le avvessero già convocate da un pezzo – «il Pd le accetti, io mi candiderò» – è stata preparata con una cura tutta particolare perché potrebbe partire da qui, dalla città di Silvio Berlusconi, il terremoto destinato a sconquassare il centrosinistra. Basterebbe una vittoria di Giuliano Pisapia alle primarie di domenica prossima, e per la prima volta un candidato sindaco di sinistra sinistra diventerebbe lo sfidante del centrodestra milanese.
«Loro», cioé il Pd, lo sanno e – a parte la Repubblica che ha nascosto il Vendola Show di ieri sera – per la prima volta hanno abbandonato quell’aria un po’ stucchevole di finta amicizia che in un primo tempo aveva reso soporifere le primarie. Stefano Boeri, per esempio, non avendo digerito la comparsata di Vendola, ieri lo ha paragonato nientemeno che a Massimo D’Alema. Una specie di insulto, velenosamente garbato. «Sta facendo a Milano quello che Massimo D’Alema ha fatto in Puglia quando andò a pontificare come leader nazionale». Ma proprio perché sta studiando da leader nazionale, Vendola non si è voluto immischiare in «beghe» locali e con aria di superiorità ha liquidato la faccenda dicendo di avere «troppo stima di Stefano Boeri per replicare a una polemica infondata, astiosa e sintomo di nervosimo». E’ venuto a Milano per sostenere Pisapia, «in tutta la sua vita e la sua attività è stato un meraviglioso Davide contro tanti Golia, è una bandiera della libertà, dei sentimenti buoni della politica, e oggi sono qui per queste ragioni». Ancora la Bibbia.
Ma ormai le luci della ribalta vengono buone soprattutto per disegnare sempre più nettamente il suo profilo, che mai come in questo momento ha bisogno di staccarsi dal partito di Bersani. Per partire all’attacco. Ecco allora che la manifestazione dell’11 dicembre convocata contro il governo – una specie di miracolo – viene commentata con una certa sufficienza, «che il Pd faccia una manifestazione è importante, ma l’appuntamento più importante per il popolo democratico è la manifestazione del 27 indetta dalla Cgil, perché la crisi epocale riverbera in primo luogo sulla pelle dei lavoratori». Il messaggio è chiaro: Sel sta crescendo, per cui non aderisce più alle manifestazioni degli altri partiti. Soprattutto a quelle del Pd. Da cui è necessario prendere distanze, o meglio dare lezioncine, sempre, anche solo per marcare una differenza sostanziale da quei giovinastri che mettono in discussione la gerontocrazia imperante. E allora Vendola ne ha anche per Renzi, e si traveste da vecchio saggio: «Quando sento parlare di rottamazione di persone, un brivido mi corre lungo la schiena» (esagera un po’). E ancora: «Bisogna rottamare un sistema di potere, una cultura politica, ma non le persone. Le persone sono ecosistemi delicati e preziosi, quand’anche fossero pezzi da novanta della nomenklatura». Quanto a Gianfranco Fini, riunito con i suoi a Perugia per cercare di decidere (o non decidere) una volta tanto cosa fare da grande, Nichi Vendola sembra averne piene le scatole: «La crisi del centrodestra è definitiva, stanno giocando a chi rimane con il cerino in mano, anche da parte di Fini c’è una furbizia insopportabile». Parole semplici, però viene giù il teatro.

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