È morto l’ex nazista Seifert, boia di Bolzano

Nel 2000 era stato condannato all’ergastolo, in carcere in Italia dal 2008

BOLZANO – Aveva la faccia da bambino e gli occhi di ghiaccio, Misha Seifert, quando a Bolzano – nemmeno ventenne – seminò l’orrore nel campo di concentramento nazista, uccidendo a pugni, calci e bastonate almeno undici persone. Ieri l’ex criminale di guerra è morto nell’ospedale civile di Caserta, dov’era ricoverato a seguito della rottura di un femore per una caduta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Nel 2000 era stato condannato all’ergastolo, in carcere in Italia dal 2008

BOLZANO – Aveva la faccia da bambino e gli occhi di ghiaccio, Misha Seifert, quando a Bolzano – nemmeno ventenne – seminò l’orrore nel campo di concentramento nazista, uccidendo a pugni, calci e bastonate almeno undici persone. Ieri l’ex criminale di guerra è morto nell’ospedale civile di Caserta, dov’era ricoverato a seguito della rottura di un femore per una caduta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Seifert aveva 86 anni e per tutti ormai era il “boia di Bolzano”: si era rifugiato in Canada subito dopo la guerra, ricostruendosi una vita fingendo d´essere un tranquillo avvocato di origini tedesche. Ma in troppi si ricordavano i suoi occhi di ghiaccio da folle aguzzino, e così mentre le testimonianze degli ex deportati aumentavano di giorno in giorno, un meticoloso procuratore militare di Verona, Bartolomeo Costantini, s´era messo a dargli la caccia fino ad acciuffarlo in una villetta di Vancouver. Nel 2000 la condanna all´ergastolo per undici omicidi, poi solo nel 2008 – dopo una lunga battaglia legale – l´estradizione e il suo ingresso in carcere.
Tra le vittime di Seifert ci fu anche Mike Bongiorno. «Al mio arrivo al campo di Bolzano – raccontò il presentatore scomparso lo scorso anno – vidi una serie di baracche in legno e, in mezzo al campo, una cella in muratura. Senza spiegarmi perché, Misha ordinò che fossi rinchiuso proprio là dentro, in isolamento. Non seppi mai il motivo di questa decisione». Si salvò per un soffio, Mike, trasferito al campo di Innsbruck e poi a Spittal, dove venne scambiato con otto tedeschi finiti nella mani degli Alleati.
A parte Erich Priebke, Seifert era l´unico ex criminale di guerra nazista condannato all´ergastolo che stava scontando la pena in Italia. Per il suo avvocato Paolo Giacchini si tratta di «una morte annunciata di un vecchio malato che non doveva stare in carcere». Il legale punta l´indice, in particolare, «sull´ala violenta della comunità ebraica romana, estremisti che non hanno mai smesso di demonizzare questi anziani tedeschi». Lionello Bertoldi, presidente dell´Associazione partigiani di Bolzano, non ha dubbi: «Quella sentenza ha riconciliato gli uomini con la giustizia, per troppo tempo piegata alla realpolitik della guerra fredda che lasciava le accuse nell´armadio della vergogna. Nel troppo poco tempo che ha passato nel carcere, spero abbia potuto pensare agli orrori che la sua gioventù aveva voluto e saputo infliggere ad altri giovani donne e giovani uomini».
Per capire chi è stato davvero Misha l´aguzzino, basta leggere le testimonianze dei sopravvissuti del lager di Bolzano. Come quella di Nella Mascagni, uno dei simboli della Resistenza altoatesina: «Il suo compito era quello di torturare, infierire, bastonare, uccidere. Con ogni mezzo, per qualsiasi motivo, anche il più futile. Fu un inferno senza fine». La fine terrena, per Misha il boia di Bolzano, è arrivata 65 anni dopo quell´inferno. Dice Luigi Spagnolli, il sindaco di Bolzano: «Ora di lui se ne occupa un altro Giudice, uno che non sbaglia mai. Non vorrei essere nei panni di Misha Seifert».

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