CAMBIA IL VENTO IN CGIL

Sta cambiando il vento. È questo il messaggio che emerge dal discorso di insediamento della neoeletta segretaria della Cgil. Quali segnali consentono a Susanna Camusso di ipotizzare un tale, salvifico mutamento? Il più vistoso riguarda il rapporto tra governo, sindacati e Confindustria.

Sta cambiando il vento. È questo il messaggio che emerge dal discorso di insediamento della neoeletta segretaria della Cgil. Quali segnali consentono a Susanna Camusso di ipotizzare un tale, salvifico mutamento? Il più vistoso riguarda il rapporto tra governo, sindacati e Confindustria. Fino a ieri, dice Camusso, «nella stagione appena trascorsa… erano i ministri che dettavano agenda e rotture alle parti sociali». E fin qui ci siamo: non è stato proprio il ministro Sacconi a chiedere complicità ai sindacati e ad espellere dai tavoli di confronto la Cgil, ritenuta colpevole di non complicità? Ora, invece, cosa capita? Capita che «si accentua la critica al governo delle associazioni di impresa, Confindustria in primis. Ciò può determinare un’idea di ruolo delle parti sociali che indicano autonomamente l’agenda, che possono trovare su alcuni temi convergenze».
Insomma, la crisi di Berlusconi può essere mallevatrice di un nuovo patto unitario tra Cgil, Cisl e Uil e, al tempo stesso, di un patto sociale tra i sindacati – finalmente in cammino nella stessa direzione – e la Confindustria che ora alza la voce con il presidente del consiglio e denuncia l’immobilismo dell’esecutivo. Del resto, sul versante politico (non solo in casa Pd) non si ipotizza forse uno storico patto tra diversi, finalizzato alla caduta di Berlusconi?
C’è chi si spinge oltre: un governo d’emergenza potrebbe coinvolgere direttamente le forze sociali, per lo meno quelle che detengono il potere economico. Sarebbe la quadratura del cerchio, operata per salvare il paese dal declino economico, politico, sociale, morale. Alberto Asor Rosa ammette che assemblare i sostenitori di Marchionne con i sostenitori della Fiom per «salvare l’economia nazionale» potrebbe sembrare contraddittorio ma, aggiunge il nostro collaboratore, «forse nell’immediato anche questa contraddizione si può ragionevolmente affrontare, se il problema è evitare la catastrofe, la catastrofe non giova agli operai, di sicuro molto meno che ai padroni».
Prima perplessità: il governo non è rimasto immobile, ha governato e con l’aiuto di molti complici ha demolito il diritto del lavoro e insidiato la Costituzione e lo Statuto dei lavoratori. Ma, si può controbattere, questo avveniva nella stagione passata mentre quando tutti insieme avremo costruito l’alternativa a Berlusconi la musica cambierà. Seconda perplessità: la Confindustria accusa sì il governo, ma non di troppa bensì di troppo poca deregulation: si può fare di più.
Che cosa ci fa credere che in nome della salvezza nazionale, nella nuova stagione, Marchionne manifesterebbe insieme a Fim, Uilm, Fismic, ai tre licenziati di Melfi e al 40% degli operai di Pomigliano in difesa del diritto di sciopero? E che Bonanni e Angeletti sarebbero pronti ad abbandonare la strada degli accordi separati, riconoscendo il ruolo e la ragionevolezza non dico della Fiom, ma almeno della Cgil?
Di Berlusconi non se ne può più, chi può negarlo. Ma se per buttarlo giù bisogna salire tutti sulla stessa barca in cui a remare, sotto le frustate del padrone, devono essere sempre gli stessi, la contraddizione diventa insanabile e i guasti sociali certamente non minori. A meno che, sotto sotto, chi propone un nuovo 25 luglio non stia già preparando il 25 aprile. Saremo distratti, ma non ce ne siamo accorti.

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