Brescia appesa alla gru solidarietà  ai migranti

DIRITTI Diecimila persone al corteo per il permesso di soggiorno

BRESCIA
Ieri sera Arun avrà  avuto molte cose da scrivere sul suo diario. Appeso da una settimana in cima a una gru alta 35 metri, ha visto sfilare sotto i suoi occhi il corteo che a Brescia hanno organizzato in solidarietà  alla lotta che insieme ad altri cinque immigrati come lui sta conducendo per il permesso di soggiorno.

DIRITTI Diecimila persone al corteo per il permesso di soggiorno

BRESCIA
Ieri sera Arun avrà  avuto molte cose da scrivere sul suo diario. Appeso da una settimana in cima a una gru alta 35 metri, ha visto sfilare sotto i suoi occhi il corteo che a Brescia hanno organizzato in solidarietà  alla lotta che insieme ad altri cinque immigrati come lui sta conducendo per il permesso di soggiorno. Corteo affollatissimo (gli organizzatori parlano di più di diecimila persone, la questura si ferma a cinquemila) e pieno di calore, alla faccia di chi, Lega in testa, in questi giorni ha tentato di dare un’immagine isolata della lotta che Arun e suoi compagni stanno conducendo. E invece è andata più che bene, al punto che non sono mancati neanche momenti carichi di emozione. Due in particolare. Il primo si è avuto quando, accolto con un boato dalla gente, sotto la gru è arrivato un rappresentante di un altro gruppo di immigrati, quello che due giorni fa, sull’esempio di Brescia, è salito in cima alla Torre ex Carlo Erba a Milano. Il secondo invece è stato quando una decina di operai dell’Innse di Milano, quelli che hanno inventato questa forma di protesta passando nel 2009 nove giorni in cima a una gru, ha regalato agli occupanti di Brescia il loro striscione storico, che è stato immediatamente portato in cima dai vigili del fuoco e srotolato accanto ai due già presenti, quello con scritto «Sanatoria» a caratteri cubitali e l’altro con la scritta «Lotta dura senza paura».
La protesta è nata perché gli immigrati si sentono truffati dalla sanatoria fatta dal governo che, dopo averle illuse, ha invece escluso migliaia di persone dalla possibilità di avere un permesso di soggiorno. Arun, che ha 33 anni ed è pachistano, e con lui Singh, 26 anni indiano sihk, Rachid, 35 anni marocchino, Sajad, 27 anni pachistano, Jimi, 25 anni egiziano, e Papa, 20 anni senegalese, chiedono adesso di poter vivere regolarmente in Italia, e lo chiedono per tutti. Non si tratta di una battaglia semplice. Nei giorni scorsi il prefetto di Brescia, Livia Narcisa Brassesco Pace, è stata categorica: «Nessun permesso di soggiorno ai clandestini», mente i soliti leghisti sono arrivati a chiedere di lasciare senza cibo i sei che da sabato scorso vivono in cima alla gru situata proprio nel bel mezzo del centro storico, in piazza Cesare Battisti. Tutti fatti che rendono il corteo di ieri ancora più importante. Anche perché gli immigrati sanno bene che hanno una sola possibilità di vincere, ed è quella che iniziative di lotta come la loro si estendano anche in altre città.
«Berlusconi anche noi abbiano bisogno del tuo buon cuore», dice uno dei cartelli portati ai manifestanti, con un chiaro riferimento al caso Ruby. E infatti un altro cartello chiede provocatoriamente: «Perché Ruby sì e loro no?», dove per «loro» si intendono i sei sulla gru. Tanti, tantissimi gli italiani presenti nel corteo, ulteriore dimostrazione di come la protesta non sia un fatto esclusivo degli immigrati. E in fondo anche un rappresentanza di genitori della scuola di Adro, riempita dal sindaco leghista di simboli del sole delle Alpi.
«Noi non chiediamo agli immigrati il sacrificio di rimanere sulla gru, ma se decidessero di farlo avrebbero tutto io nostro appoggio», ha detto Umberto Gobbi, portavoce di Diritti per tutti. Alla manifestazione hanno aderito anche Cgil, Cobas e Usb, Rifondazione comunista, Sinistra critica, Sinistra ecologia e libertà, Radicali e Italia dei valori. Per Maurizio Zipponi, responsabile lavoro del partito di Di Pietro, la protesta degli immigrati di Brescia «rispecchia la situazione nazionale e dimostra l’inadeguatezza del governo che non si è occupato di chi da anni lavora nelle fabbriche, nell’agricoltura e nell’edilizia. In questo modo – ha concluso Zipponi – si favoriscono lavoro nero e clandestinità».

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