Scavando nelle migliaia di file diffusi da WikiLeaks, salterà fuori, chissà , qualcosa di clamoroso o di inquietante. Ma, oggi come oggi, le rivelazioni che occupano le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo non sono molto di più di un gossip planetario.
Scavando nelle migliaia di file diffusi da WikiLeaks, salterà fuori, chissà , qualcosa di clamoroso o di inquietante. Ma, oggi come oggi, le rivelazioni che occupano le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo non sono molto di più di un gossip planetario.
Qualcuno si meraviglia dei giudizi Usa su Berlusconi o Sarkozy o del fatto che, agli occhi degli americani, il presidente dell’Iran sia considerato un nuovo Hitler? Anche i sassi sapevano delle preoccupazioni Usa per le relazioni tra il Cavaliere e Putin, soprattutto in materia energetica. E non parliamo della debolezza e della corruzione del governo di Karzai. E quanto al missile «fine di mondo» che l’Iran punterebbe sull’Europa, non ricorda la straordinaria bufala delle armi di distruzione di massa di Saddam?
Intendiamoci. Poiché i segreti diplomatici non sono tanto quello che non si sa, ma quello che si sa e non si può dire, è certo che oggi la diplomazia americana è in imbarazzo, perché gran parte degli alleati – con la, per ora, significativa eccezione d’Israele – ne escono più o meno ridicolizzati. Un personaggio umorale come Sarkozy non gradirà di certo il giudizio sprezzante sulla fasulla grandeur francese. E il Cavaliere può ridere quanto gli pare, a parole, sulla sanzione globale della sua incapacità e delle sue notti avventate. Ma, per quanto viva visibilmente in una specie di sogno neroniano, con che faccia incontrerà gli altri leader d’ora in poi? L’11 settembre della diplomazia evocato dall’ilare ministro Frattini non è altro che la pochade del regime italiano esposta su scala globale, tra le risate generali.
In realtà, ogni ora che passa sembra sempre più chiaro che il vero obiettivo delle rivelazioni (forse non di WikiLeaks, ma delle fonti interne all’amministrazione americana che hanno aperto i rubinetti) sia la politica estera di Obama, anzi il presidente stesso. In quasi due anni, l’amministrazione Usa non ha combinato granché. Israele continua imperterrito nella sua politica di repressione dei palestinesi e colonizzazione. La guerra in Afghanistan è sempre più «irachizzata», tra doppi e tripli giochi pachistani, inesistenza di Karzai e impotenza Nato. L’Europa è un partner debole, diviso e incapace di arginare gli effetti della speculazione. E la Cina emerge, giorno dopo giorno, come il vero grande potere globale. Tutto questo ricorda ai meno giovani la presidenza di Jimmy Carter, un uomo personalmente onesto e benintenzionato travolto in poco tempo dalla sua ingenuità e dalle manovre di apparati che non riusciva a controllare.
Sotto questo gran polverone, che durerà ancora settimane, ci saranno naturalmente regolamenti di conti di ogni genere, cacce alle gole profonde, licenziamenti, malumori globali e piccole vendette, diplomatiche e no. La diplomazia americana sarà un po’ in difficoltà, ma alla fine il realismo avrà il sopravvento. E naturalmente l’immagine degli Usa uscirà ancora più a pezzi in tutti i luoghi della terra dove l’ostilità verso la politica estera americana ha le sue buone ragioni. Si continua a uccidere e morire dovunque, dalla Palestina all’Asia centrale, e questo e ciò che conta, al di là di imperatori nudi, festini notturni, leader deboli o incapaci e pettegolezzi mondiali.
Ma è anche vero che la vicenda WikiLeaks mostra la fragilità dei poteri globali. Chi di disinformazione ferisce… Nel nostro piccolo, piccolo mondo italiano, noi cominciamo a capirlo. La capacità di manipolare l’informazione è strategicamente decisiva in politica. Ma prima o poi arriva la nemesi, come mostra, senza ombra di dubbio, il farsesco declino dell’attuale regime di destra, tra orgette, intrallazzi, ministre che prendono cappello e incursioni dannunziane sui paesi in guerra.
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