Da solo, tra i politici, Marco Pannella sta portando avanti la sua personale e collettiva (radicale) battaglia per assicurare migliori condizioni di vita nelle carceri. Le galere – dimenticate da tutti, governo, opposizione e media – sono ormai al limite estremo di tollerabilità umana. I detenuti sono costretti a vivere in modo indegno, ammassati in spazi di vita impossibili. Il personale penitenziario è anch’esso costretto a una vita massacrante. Mettere a rischio la serenità degli operatori significa mettere a rischio i diritti e l’incolumità personale dei detenuti.
Da solo, tra i politici, Marco Pannella sta portando avanti la sua personale e collettiva (radicale) battaglia per assicurare migliori condizioni di vita nelle carceri. Le galere – dimenticate da tutti, governo, opposizione e media – sono ormai al limite estremo di tollerabilità umana. I detenuti sono costretti a vivere in modo indegno, ammassati in spazi di vita impossibili. Il personale penitenziario è anch’esso costretto a una vita massacrante. Mettere a rischio la serenità degli operatori significa mettere a rischio i diritti e l’incolumità personale dei detenuti.
I parlamentari di destra e sinistra che hanno visitato le carceri ad agosto non hanno prodotto una che sia una proposta di soluzione del problema. Il Piano carceri del governo è ormai carta straccia. Periodicamente – e oramai poco credibilmente – il ministro della Giustizia Alfano promette misure eccezionali, espulsioni di massa di stranieri, nuovi programmi di edilizia penitenziaria e nuove assunzioni di poliziotti. Il Satyagraha di Pannella, il suo sciopero della fame, la sua protesta non-violenta non ha quindi nulla di vecchio, di ripetuto, di folkloristico. Di fronte al silenzio istituzionale e alla vergogna di prigioni dimenticate, ben venga la sua protesta non-violenta, o come più precisamente afferma il leader radicale, la sua proposta.
Tra qualche giorno sarà trascorso un anno dalla morte, per mano ancora ignota, di Stefano Cucchi. Quella vicenda ha squarciato il velo dell’ipocrisia carceraria, ha aperto uno sguardo pubblico dentro le prigioni e gli ospedali detentivi. I colpevoli di quella morte non sono stati ancora con certezza individuati. Il processo è agli inizi. Quella morte non ha scosso però le coscienze di chi ci governa. Tutto, dopo le solite lacrime di coccodrillo, è rimasto come prima. Nel carcere catanese di Piazza Lanza un detenuto di 43 anni affetto da un cancro allo stomaco, pare che da quindici giorni non riceva medicine per la terapia anti-tumorale e neanche i più generici antidolorifici. La sua vita vale zero.
Di fronte alla tragedia di una condizione carceraria drammatica, di fronte all’internamento di massa di consumatori di droghe e di immigrati irregolari, di fronte a oggettivi trattamenti inumani e degradanti non si deve chiedere a noi il suggerimento di soluzioni alternative allo status quo. Il sovraffollamento carcerario, la violenza istituzionale, la carcerazione di massa del disagio sociale non sono eventi naturali. Sono il frutto di politiche pubbliche scellerate decise per ottenere consenso. Basterebbe una proposta di legge composta da due articoli. Articolo 1: sono abrogate le leggi ex Cirielli sulla recidiva, Bossi-Fini sull’immigrazione, Fini-Giovanardi sulle droghe; articolo 2: sono introdotti il crimine di tortura nel codice penale e la figura del difensore civico delle persone private della libertà nell’ordinamento giuridico. Due articoli soli, per restituire senso, logica e umanità al sistema. Siamo, però, stanchi di ripeterlo a vuoto, urlando contro i governanti di turno. Abbiamo elaborato documenti lunghissimi a supporto delle nostre tesi giuridiche. Li useremo per fare cultura, per parlare ai giovani, non più per fare lobby. Lo sciopero della fame di Marco Pannella serve a rendere trasparente ciò che è opaco, a dare luce a ciò che è in un cono di ombra. Non serve per estorcere consensi popolari. Ciò è segno di onestà e coraggio politico.
* Presidente di Antigone
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