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“La rivoluzione non si può fare con twitter”

La polemica Malcolm Gladwell: “Sul web nessuno migliora la società “

La polemica Malcolm Gladwell: “Sul web nessuno migliora la società “

La rivoluzione non si fa con Twitter. E nemmeno con qualsiasi altro tipo di comunicazione digitale, dalle e-mail ai messaggini. Lo dice uno dei guru del nostro tempo, Malcolm Gladwell, 47enne giornalista (prima al Washington Post, ora al New Yorker) e scrittore, nato in Inghilterra, cresciuto in Canada e residente in America, autore di tre bestseller, tutti e tre nati da articoli pubblicati dal sofisticato settimanale newyorchese, in cui l’autore fotografava la realtà capovolgendo le opinioni dominanti. In “Il punto critico” sosteneva che i piccoli cambiamenti hanno grandi effetti; nel secondo, “In un batter di ciglio”, affermava che l’intuizioneè più importante del ragionamento; nell’ultimo, “Fuoriclasse”, rivelava che chiunque può diventare un campione in ciò che fa, basta allenarsi molto. Ora ha scritto, sempre sul New Yorker, un articolo che diventerà probabilmente il suo quarto libro. Nel mirino mette i “social network” e più in gen e r a l e I n t e r n e t : dunque spara contro il Santo Graal contemporaneo. Citando vari esempi del passato, come le lotte per i diritti civili negli Usa, Gladwell spiega che Twitter e simili non servonoa migliorare la società, non scatenano proteste, non portano le masse in piazza. Per due ragioni. Una: inducono milioni di persone a compiere facili atti di solidarietà, come firmare una petizione, ma senza coinvolgerli veramente perché è partecipazione fra sconosciuti. Le vere rivoluzioni, ammonisce, nascono da individui con profondi legami tra loro. Seconda ragione: sul web siamo tutti uguali, non ci sono gerarchie.

Invece, per guidare i cambiamenti, occorrono leader carismatici.

Dall’ Economist all’ Huffington Post, la sua tesi suscita critichea non finire. Un’obiezione è che forse Internet non rafforzerà i legami tra sconosciuti, ma è assai utile per rafforzarli tra chi si conosce. Una seconda è che, come si è visto in Cina e in Iran, Twitter e messaggini non faranno la rivoluzione, ma riescono ad aggirare la censura. Una terza è che le gerarchie possono nascere anche nei “social network”.

E una quarta è che è dura fare sempre il bastian contrario, spacciando idee controverse o insensate per geniali trovate.

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