La Dilma che conosco fin da bambina

La campagna «terroristica»

SAN PAOLO. Conosco Dilma Rousseff da quanto era bambina. Eravam vicini di casa in via Major Lopes a Belo Horizonte. Lei e Thereza, mia sorella, durante l’adolescenza erano amiche.
Anni dopo, Dilma e io càincontrammo nel carcere Tiradentes, a San Paolo. Lei nell’ala femminile, io in quella maschile, con il vantaggio che io, come frate, avevo il permesso di assistere alla messa nella Torre, come era conosciuto il settore in cui erano rinchiuse le prigioniere politiche.

La campagna «terroristica»

SAN PAOLO. Conosco Dilma Rousseff da quanto era bambina. Eravam vicini di casa in via Major Lopes a Belo Horizonte. Lei e Thereza, mia sorella, durante l’adolescenza erano amiche.
Anni dopo, Dilma e io càincontrammo nel carcere Tiradentes, a San Paolo. Lei nell’ala femminile, io in quella maschile, con il vantaggio che io, come frate, avevo il permesso di assistere alla messa nella Torre, come era conosciuto il settore in cui erano rinchiuse le prigioniere politiche.
Alunna in gioventù di un collegio religioso retto dalle suore di Sion, Dilma, in carcere, partecipava alle preghiere e ai commenti del Vangelo. Non aveva niente della «marxista atea». Oltretutto erano rari i prigionieri politici che professavano con convinzione l’ateismo. Al contrario dei nostri torturatori, che lo facevano sfacciatamente profanando, con ogni tipo di violenza, i templi vivi di Dio: le loro vittime torturate con il pau-de-arara, le scariche elettriche, l’affogamento, la morte.
Nel 2003 ci fu il mio terzo incontro con Dilma, a Brasilia, nei due anni in cui partecipai al programma Fame zero del governo Lula.
Sulla base della nostra amicizia, posso garantire che non è altro che una campagna diffamatoria – direi perfino terrorista – accusare Dilma Rousseff di essere «abortista» o contro i principi evangelici. Se qualche vescovo critica Dilma, bisogna ricordare che, pur essendo vescovo, nessun uomo è un santo.
Ci fu qualche vescovo in America latina che appoggiò le dittature militari, diede l’assoluzione a torturatori, celebrarò messe nella cappella di Pinochet… Anche i vescovi mentono e per questo devono, come ogni cristiano, pregare quotidianamente perché siano perdonati i loro peccati.
Dilma, come Lula, è una persona di fede cristiana, formata nella chiesa cattolica. Nella linea chiesta da Gesù, lei e Lula non vanno in giro a ostentare, come i farisei, le loro convinzioni religiose. Preferiscono mostrare, attraverso le loro azioni, che «l’albero si vede dai frutti», come dice il Vangelo. E’ nella coerenza del loro agire, nell’etica della loro attività politica, nella dedizione al popolo brasiliano, che politici come Dilma e Lula testimoniano la loro fede.
Su Lula, fin dai tempi degli scioperi nella cintura industriale paulista, diffondevano orrori: che, se fosse stato eletto, si sarebbe preso le ville del Morumbi, quartiere opulento di San Paolo, avrebbe espropriato fabbriche e terre, avrebbe impiantato il socialismo per decreto… Passati quasi otto anni cosa vediamo? Vediamo un Brasile più giusto, con meno miseria e più distribuzione della ricchezza, che non criminalizza i movimenti sociali né privatizza il patrimonio pubblico, che è rispettato a livello internazionale.
Nella campagna per il secondo turno elettorale, forze d’opposizione al governo Lula si sono fatte eco di ogni tipo di sproloqui e menzogne. Ma non possono cambiare l’essenza di una persona. In tutta la traiettoria di Dilma, in tutto quello che ha realizzato, detto o scritto, non si troverà mai una sola parola contraria al contenuto della fede cristiana e ai principi del Vangelo.
Una volta, racconta Matteo nel suo Vangelo, chiesero a Gesù chi si sarebbe salvato. Per la sorpresa di quelli che l’interrogavano, lui non rispose che sarebbero stati quelli che vivono battendosi il petto e proclamando il nome di Dio. E neanche quelli che vanno a messa tutte le domeniche. Neanche quelli che si credono i depositari della dottrina cristiana e si erigono a giudici dei loro simili. La risposta di Gesù li sorprese: «Avevo fame e mi avete dato da mangiare; avevo sete e mi avete dato da bere; ero malato e mi avete curato; ero nudo e mi avete vestito; ero oppresso e mi avete liberato…»
Gesù si è messo dalla parte dei più poveri e ha avvisato che la salvezza è alla portata di coloro che, per amore, cercano di saziare la fame dei miserabili, non si tirano indietro davanti all’oppressione, cercano di assicurare a tutti una vita degna e felice.
Questo ha fatto il governo Lula, secondo il giudizio del 77% della popolazione brasiliana, stando ai sondaggi. Con certezza, Dilma, se eletta presidente, proseguirà sulla stessa strada.

Frei Betto è frate domenicano, scrittore e giornalista

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CHI È LA ROUSSEFF
Una donna dura, figlia di un comunista bulgaro
Dilma Rousseff, è nata a Belo Horizonte nel dicembre ’47. Sua madre era maestra elementare, suo padre, avvocato e imprenditore arrivato in Brasile dalla Bulgaria negli anni ’30, aveva militato nel Pc bulgaro. Dilma partecipò alla resistenza dopo il golpe militare del ’64 nei gruppi Colina (Comando de libertação nacional) e Var-Palmares (Vanguardia armada revolucionaria). Arrestata, passò quasi 3 anni in prigione, fra il ’70-’72, dove fu torturata. Poi si trasferì nel Rio Grande do sul dove cominciò l’attività politica nel Pdt, il Partido democratico trabalhista di Leonel Brizola. Nel 2001 entrò nel Pt. Nel primo governo Lula, 2003, fu eletta a sorpresa ministra di miniere e energia. Dal 2005 Lula la nominò ministro della Casa civile e nel 2009 sempre Lula la impose come candidata presidenziale. Economista (ma senza laurea), è divorziata e ha una figlia. Nel 2009 è guarita da un tumore.

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