Totò Riina, per anni capo di Cosa nostra : fu arrestato nel gennaio del '93 (Ap)
La presunta trattativa Stato-mafia

Due carabinieri riaccendono il «giallo» della perquisizione del 2005 a casa di Massimo Ciancimino

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Il mistero del «papello» di Riina: fu fotocopiato e poi sparì

Totò Riina, per anni capo di Cosa nostra : fu arrestato nel gennaio del '93 (Ap)

Totò Riina, per anni capo di Cosa nostra : fu arrestato nel gennaio del '93 (Ap)

     Totò Riina, per anni capo di Cosa nostra : fu arrestato nel gennaio del ’93 (Ap)

La presunta trattativa Stato-mafia

Due carabinieri riaccendono il «giallo» della perquisizione del 2005 a casa di Massimo Ciancimino

Totò Riina, per anni capo di Cosa nostra : fu arrestato nel gennaio del '93 (Ap)

     Totò Riina, per anni capo di Cosa nostra : fu arrestato nel gennaio del ’93 (Ap)

La presunta trattativa Stato-mafia

Due carabinieri riaccendono il «giallo» della perquisizione del 2005 a casa di Massimo Ciancimino

PALERMO—Messe insieme, sono due testimonianze che infittiscono il mistero delle carte sparite dalla casa di Massimo Ciancimino; oppure lo svelano, a seconda dei punti di vista. Di certo ci sono due carabinieri che raccontano una strana circostanza a proposito della perquisizione in una villa sul lungomare dell’Addaura affittata dal figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, nel febbraio 2005, avvenuta in assenza del padrone di casa che stava a Parigi. In quell’occasione — a detta di Ciancimino jr, testimone fluviale ora indagato per concorso con Cosa nostra—curiosamente non furono trovati il famoso «papello» con le richieste di Totò Riina allo Stato al tempo delle stragi del ’92 e altri documenti del padre da lui conservati.

L’ufficiale dei carabinieri che guidò l’operazione del 2005, l’allora capitano Antonello Angeli, è inquisito per favoreggiamento dalla Procura di Palermo e nell’ultimo interrogatorio ha preferito non rispondere alle domande dei pubblici ministeri che indagano sulla trattativa tra Stato e mafia. Il 6 ottobre scorso un altro carabiniere, il maresciallo Saverio Masi, ha invece testimoniato su alcuni colloqui avvenuti tra lui e Angeli. In particolare, si legge nel verbale riassuntivo, «su quanto riferitogli dal capitano Angeli a proposito di una perquisizione domiciliare a Ciancimino Massimo, durante la quale egli (Angeli, ndr) ebbe ad avvisare telefonicamente il suo superiore comandante del reparto operativo del rinvenimento di documentazione relativa ai rapporti tra istituzioni e Cosa nostra (cosiddetto papello), nonché del perentorio ordine da questi ricevuto di non procedere al sequestro poiché si sarebbe trattato di documentazione già acquisita».

Angeli disse anche a Masi «di avere proceduto comunque a fare una fotocopia di detta documentazione, a mezzo di un suo fidato collaboratore, e di averli poi riposti nel luogo ove erano stati rinvenuti». Prima di Masi, un altro maresciallo presente alla perquisizione del 2005, Sebastiano Lecca, aveva già raccontato qualcosa di simile. Non per sentito dire, ma perché ne fu diretto protagonista. Mentre rovistavano a casa del figlio dell’ex sindaco, il capitano Angeli ordinò di guardare anche in un magazzino lì vicino. E lì, racconta Lecca, lui stesso trovò, «all’interno di un grosso scatolo di cartone, copiosa documentazione dattiloscritta e manoscritta». Lecca non la esaminò, ma è sicuro che c’erano molti fogli, «in particolare ricordo a quadretti, manoscritti a penna». Mostrò il materiale al capitano il quale, «dopo averlo visionato, si allontanò verso l’esterno per fare una telefonata. Immediatamente dopo tornò verso di me — racconta Lecca — mi chiese se conoscessi una copisteria dove poter andare velocemente a fotocopiare quei documenti, di fare presto e di portare il materiale (in originale e in fotocopia) presso la sua stanza in ufficio». Lecca, «sorpreso da quella richiesta», eseguì. Nemmeno mentre andava in copisteria guardò fra quelle carte, spese diciannove euro per le fotocopie, tornò in caserma e consegnò tutto personalmente ad Angeli. Poi partecipò alla repertazione dei documenti sequestrati, e oggi precisa: «Non ho più visto la documentazione che avevo portato al capitano Angeli». Nella quale, ricorda, c’erano «certamente manoscritti a penna su fogli a quadretti, nonché post-it sui quali vi erano annotazioni manoscritte».

Per gli inquirenti questo è un riferimento significativo, perché sul famoso «papello» (scritto su carta bianca, non a quadretti) secondo Massimo Ciancimino c’era proprio un post-it giallo sul quale suo padre aveva annotato di averlo consegnato personalmente al generale Mario Mori, oggi imputato di favoreggiamento e indagato per concorso in associazione mafiosa. Mori ha sempre negato di averlo mai visto. In realtà non c’è certezza che quel foglietto adesivo sia sempre stato attaccato al «papello» consegnato da Ciancimino jr agli inquirenti solo nel 2009. E nelle sue numerose testimonianze, comprese quelle in aula al processo contro Mori, l’ex-rampollo ha detto che il foglio con le richieste di Riina allo Stato era conservato in una cassaforte, non perquisita nonostante le indicazioni date telefonicamente da lui stesso. Il maresciallo Lecca, che sostiene di aver guardato sia al piano terra che a quello superiore della villa affittata dal giovane Ciancimino, ha detto ai pubblici ministeri: «Non ho personalmente notato l’esistenza di casseforti di qualsiasi genere».

Questo è un altro mistero: nel verbale di perquisizione del 2005 non si fa cenno ad alcuna cassaforte, mentre nel 2009 altri investigatori spediti nella stessa casa l’hanno vista e fotografata. I verbali dei due carabinieri sono ora depositati agli atti del processo Mori, come altre deposizioni. Comprese quelle di due generali in pensione, Giuseppe Tavormina e Francesco Delfino. L’ex ministro Martelli ha testimoniato che nel ’92 si lamentò col primo, all’epoca capo della Dia, degli anomali contatti tra Mori e Vito Ciancimino per cui i carabinieri avevano chiesto «copertura politica », mentre il secondo gli promise, ad agosto dello stesso anno, che per Natale gli avrebbero «regalato» l’arresto di Riina (catturato il 15 gennaio ’93). Entrambi hanno smentito i racconti di Martelli. 

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