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Buon appetito, rivoluzione! A Mezzanzanico, le cucine della locomotiva

REGGIO EMILIA Dove nacque la prima Casa del popolo italiana, tre giorni di cibo per spiriti liberi. E in conclusione il “Veglione rosso”

REGGIO EMILIA Dove nacque la prima Casa del popolo italiana, tre giorni di cibo per spiriti liberi. E in conclusione il “Veglione rosso”

REGGIO EMILIA. Buon appetito rivoluzione! A Massenzatico, in provincia di Reggio Emilia, nacque la prima Casa del Popolo italiana, voluta da Camillo Prampolini che, profeticamente, ricordava «Uniti siamo tutto, discordi siamo nulla». A Massenzatico, domani 3 Ottobre, si conclude la tre giorni cultural gastronomica dedicata biennalmente al cibo ed ai suoi legami con la realtà, la politica e la vita quotidiana delle persone. Cibo come cartina tornasole del mondo in cui si vive, delle sue brutture, ma anche del mondo in cui si vorrebbe vivere. Cibo non solo per la pancia ma anche per la mente, insomma.
Organizzata dal Centro studi “Le cucine del popolo” con l’adesione di Anpi, Arci, Cgil, fai, Federazione della Sinistra, le precedenti edizioni della manifestazione esploravano i ricettari delle rivoluzioni, delle avanguardie letterarie e delle utopie più o meno realizzate. In questa ultima edizione intitolata «Cucine della locomotiva – Visioni, migrazioni, movimenti, liberazioni», la riflessione e la festa si è invece concentrata sui viaggiatori e i viaggi. E sul cibo di chi si mette in viaggio per sfuggire da un mondo per costruirne un altro. La tre giorni ha raccontato della la cucina dei viaggi e dei viaggiatori. Ma anche della locomotiva: motore di migrazioni e rivoluzioni, di delitti, di rivolte, di amori ed emozioni. Guidata dalla quella categoria sulfurea di lavoratori che erano i ferrovieri, gli unici che sapevano domare quel mostro sbuffante e, nel contempo, propagandare idee di rivolta e di giustizia. Eh sì, perché pare che proprio tra chi un tempo lavorasse nelle ferrovie avesse un particolare spirito anarco-socialista. Alle 19 di venerdì si è iniziato con un omaggio a Gino Veronelli, ricordato da Gianni Mura e dalla apposizione di una targa al Teatro Artigiano. Dopo un ristoro, un altro ricordo: a Fabrizio De Andrè e alle sue canzoni. Un altro omaggio particolare è stato rivolto sabato all’indimenticabile poeta e intellettuale recentemente scomparso Edoardo Sanguineti che, proprio a Massenzatico, due anni fa, scandalizzò i media e i politici riproponendo la necessità, nell’Italia contemporanea, di un sano e vitale «odio di classe» contro il qualunquismo dilagante. Ma in tutto il fine settimana si sono alternate a letture ad alta voce e relazioni, – tra cui l’intervento dello scrittore Maurizio Maggioni, – mercatini e concerti. Fino all’immancabile appuntamento gastronomico conclusivo del “Veglione rosso”, ricavato dal menù di una festa socialista del 1910. Colpiva, anche quest’anno, vedere centinaia di persone, specie di sinistra, accorrere a convegni, letture, mostre e presentazioni di libri a Massenzatico, happening dallo spirito del tutto diverso da quello para-televisivo dei tanti festival culturaleggianti presenti oggi in Italia, alla ricerca di aria buona e identità sociale. Persone che negli ultimi vent’anni hanno visto azzerati simboli, riti, liturgie laiche, oggi considerate inattuali. Basti pensare che nello stesso weekend, nella vicina Reggio Emilia, si svolgeva la seconda edizione di un festival francescano.
Se questo azzeramento ha coinciso in questi vent’anni, a destra, in Italia, con la produzione di ideologia a ritmo spianato – da simboli a partiti, da movimenti a inni, da bandiere a slogan, – l’intento della manifestazione di Massenzatico pare essere innanzitutto quello di riproporre bandiere e ideali, slogan e visioni del mondo, musica e parole anarchiche e socialiste che, a differenza di quelli comunisti, sembrano a tutti ancora estremamente attuali. Specie se analizzati nel rapporto tra cibo, cultura, potere.

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