Una nuova edizione del libro inchiesta di Gad Lerner. Dal 1983 al 2008, abbiamo assistito a una colossale ridistribuzione del reddito a favore degli azionisti e a tutto discapito dei lavoratori
Pubblichiamo parte dell’introduzione alla nuova edizione del libro di Operai, in uscita in questi giorni da Feltrinelli.
Una nuova edizione del libro inchiesta di Gad Lerner. Dal 1983 al 2008, abbiamo assistito a una colossale ridistribuzione del reddito a favore degli azionisti e a tutto discapito dei lavoratori
Pubblichiamo parte dell’introduzione alla nuova edizione del libro di Operai, in uscita in questi giorni da Feltrinelli.
Trascorso un quarto di secolo dalla vicenda operaia narrata in questa inchiesta, oggi sappiamo com´è andata a finire: il passaggio storico degli anni Ottanta ha archiviato l´illusione che possa esistere una classe sociale per sua natura rivoluzionaria, ma soprattutto ha consentito a un´élite dalle scarse ambizioni e dalle ancor più modeste capacità imprenditoriali di imporre una vita peggiore al popolo delle formiche destinato alla produzione industriale.
Si era appena celebrato un traumatico divorzio tra la fabbrica e la politica, e di conseguenza veniva promessa ai lavoratori un´epoca di pace sociale contrassegnata da progressi moderati ma costanti. Nella disciplina aziendale, superata la reciproca diffidenza, avrebbero trovato un´alternativa vantaggiosa all´utopia del potere operaio. Accettando un destino subalterno, sarebbero vissuti meglio. Mansioni meno pesanti, un percorso di carriera non privo di piccole soddisfazioni professionali, un tempo libero gratificante. È andata davvero così?
Fra il 1983 e il 2005 la percentuale del Prodotto interno lordo italiano attribuibile in quota ai profitti d´impresa ha goduto di un balzo poderoso: otto punti di Pil all´insù, corrispondenti in moneta corrente a circa centoventi miliardi di euro. Se la ricchezza travasata negli utili aziendali fosse rimasta invece, come prima, nelle buste paga dei lavoratori, si sarebbe evitata loro una decurtazione corrispondente a settemila euro di salario all´anno. Tale danno può essere ricalcolato per cautela in cinquemiladuecento euro annui di perdita, sommando alla platea dei lavoratori dipendenti (diciassette milioni) anche la variegata galassia degli autonomi (sei milioni). Ma la sua incidenza sul tenore di vita delle famiglie operaie resta in ogni caso decisiva: basti pensare che nel 2009 migliaia di dipendenti Fiat, a causa di prolungati periodi di cassa integrazione, hanno subito un abbassamento di reddito fino alla soglia di undicimila euro annui.
Mese dopo mese, anno dopo anno, un´enorme massa di denaro è stata dirottata dalle buste paga ai dividendi degli azionisti e ai bonus dei manager. La conferma viene dagli studiosi delle disuguaglianze di reddito che adottano per le loro misurazioni un indicatore sintetico, detto “coefficiente di Gini”.
L´Italia viene indicata fra le nazioni a più alto tasso di disuguaglianza interna, nell´apposita classifica stilata fra i trenta paesi dell´Ocse. Per l´esattezza figura sesta, superata solo da Messico, Turchia, Portogallo, Stati Uniti, Polonia.
Talmente drastica è la decurtazione subita dai lavoratori, da costringerci a rimettere in discussione le teorie tradizionali sui cicli del conflitto sociale. Perché non si sono ribellati? Perché hanno considerato accettabili le disuguaglianze crescenti a loro danno, per di più enfatizzate dalla nuova cultura spettacolare di un potere che ha utilizzato il lusso e l´ostentazione come strumenti di consenso? Confido che gli interrogativi suscitati dalla lunga stagione di pace sociale trovino parziale risposta nelle testimonianze di vita narrate in questo reportage: già nel corso degli anni Ottanta si verificava, infatti, il ridimensionamento del salario a componente parziale del reddito con cui tirano avanti le famiglie operaie. La busta paga si rivelava insufficiente alla loro sussistenza. È aumentato, viceversa, il ruolo di sostegno esercitato all´interno del nucleo familiare dai titolari di reddito pensionistico, sommato alle entrate occasionali derivanti dal lavoro nero. Solo questo insieme di ammortizzatori spontanei ha scongiurato un crollo verticale del potere d´acquisto e della capacità di consumo complessiva. Il popolo delle formiche si è industriato nell´arte di arrangiarsi, riducendo le sue aspettative salariali. Venuta meno la speranza di ottenere miglioramenti per via sindacale e politica, il valore della tranquillità ha prevalso sulla propensione al conflitto.
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