TORINO-FESTA DEL PD
La contestazione irrompe alla kermesse democratica di Torino, stavolta a brutto muso, rovinando il paziente lavorìo per l’alleanza democratica’ e per il Nuovo Ulivo che era faticosamente ancora in piedi. Ieri un corposo gruppo di cittadini, alcuni dei quali impavesati di viola, altri con i simboli del Movimento cinque stelle di Beppe Grillo, ha guastato la festa e messo in imbarazzo tutto lo stato maggiore Pd, che si è dovuto precipitare a dichiarare solidarietà al contestato. Ovvero Renato Schifani, presidente del senato, uno dei pochi, quest’anno come l’anno scorso, che ha mantenuto l’appuntamento alla festa degli avversari nonostante il forfait dei colleghi di governo (quest’anno per il mancato invito al presidente piemontese Galan, l’anno scorso per una ‘battutaccia’ contro Berlusconi da parte di un funzionario Pd, «è una festa non un festino»).
TORINO-FESTA DEL PD
La contestazione irrompe alla kermesse democratica di Torino, stavolta a brutto muso, rovinando il paziente lavorìo per l’alleanza democratica’ e per il Nuovo Ulivo che era faticosamente ancora in piedi. Ieri un corposo gruppo di cittadini, alcuni dei quali impavesati di viola, altri con i simboli del Movimento cinque stelle di Beppe Grillo, ha guastato la festa e messo in imbarazzo tutto lo stato maggiore Pd, che si è dovuto precipitare a dichiarare solidarietà al contestato. Ovvero Renato Schifani, presidente del senato, uno dei pochi, quest’anno come l’anno scorso, che ha mantenuto l’appuntamento alla festa degli avversari nonostante il forfait dei colleghi di governo (quest’anno per il mancato invito al presidente piemontese Galan, l’anno scorso per una ‘battutaccia’ contro Berlusconi da parte di un funzionario Pd, «è una festa non un festino»).
Ma l’incontro era a rischio, come certi derby: il senatore è oggetto della satira continua di Beppe Grillo. E da qualche tempo anche di una campagna stampa del Fatto, a proposito di sue amicizie dei tempi in cui faceva l’avvocato: non specchiate, fra l’altro anche dato il mestiere.
Ieri già all’arrivo, l’ospite aveva ricevuto il benvenuto a suon di «mafioso», «colluso», ma il gruppo era stato tenuto fuori dalle transenne, dove è rimasto. Quando il dibattito è cominciato, e Schifani aveva indossato i panni del berlusconiano presentabile, è piovuto di tutto: ma stiamo ovviamente parlando solo di parole. Piero Fassino a questo punto prende il microfono per placare gli animi. E invece ci mette il carico: «Abbiamo definito squadristi quelli che si organizzavano per contestare Fini a Mirabello». Schifani, che di colomba veste solo i panni, tiene la scena più a lungo che può, «sono onorato di essere invitato dal Pd»: a favore delle telecamere che ormai sbandano in lungo e in largo sotto la tensostruttura. La situazione si fa ingestibile e infatti finisce con una ritirata, il presidente scortato all’uscita, i contestatori tenuti a distanza ma non domati (nel corso del dibattito un gruppo era stato messo alla porta dal servizio d’ordine Pd, ma evidentemente la protesta era più generalizzata).
Da tutte le parti dello Stivale piove la solidarietà alla seconda carica dello stato. Maggioranza, opposizione, incerti: Gianfranco Fini a nome della Camera intera, il ministro Rotondi, Rutelli, Polverini, leghisti al gran completo. Arriva dal capo dello stato Napolitano la «viva deplorazione contro «l’intimidatoria gazzarra». La maggioranza gongola, per il punto segnato contro il Pd. Casini, a nome dell’Udc, sottolinea che «il Pd deve riflettere molto seriamente se vuole avere un futuro nella società italiana: Di Pietro e i ‘grillini’ seminano odio e sono incompatibili con qualsiasi progetto serio di governo». Pier Luigi Bersani deve incassare: esprime solidarietà al fischiato e avverte che «le nostre feste vivono come luoghi aperti di incontro e di discussione politica. Qualcuno si levi dalla testa di poterci intimorire o farci derogare da questa scelta». A buon intenditor Di Pietro: che risponde pan per focaccia: «Stiamo dalla parte dei contestatori che sono semplicemente difensori della legalità. È ora di dire basta a questa ipocrisia imperante». Beppe Grillo lo scavalca e fa una vera rivendicazione: «Devono rendersi conto che è finita. Che si blindino con i poliziotti antisommossa, chiamino Maroni e l’esercito. Paghino la gente che va ai comizi per applaudirli. Oppure se ne vadano a casa. Io non sono l’autore o il sobillatore, io interpreto quello che vedo e che sento: la gente non ce la fa più». E conclude «È l’inizio della fine». d.p. ROMA
La contestazione irrompe alla kermesse democratica di Torino, stavolta a brutto muso, rovinando il paziente lavorìo per l’alleanza democratica’ e per il Nuovo Ulivo che era faticosamente ancora in piedi. Ieri un corposo gruppo di cittadini, alcuni dei quali impavesati di viola, altri con i simboli del Movimento cinque stelle di Beppe Grillo, ha guastato la festa e messo in imbarazzo tutto lo stato maggiore Pd, che si è dovuto precipitare a dichiarare solidarietà al contestato. Ovvero Renato Schifani, presidente del senato, uno dei pochi, quest’anno come l’anno scorso, che ha mantenuto l’appuntamento alla festa degli avversari nonostante il forfait dei colleghi di governo (quest’anno per il mancato invito al presidente piemontese Galan, l’anno scorso per una ‘battutaccia’ contro Berlusconi da parte di un funzionario Pd, «è una festa non un festino»). Ma l’incontro era a rischio, come certi derby: il senatore è oggetto della satira continua di Beppe Grillo. E da qualche tempo anche di una campagna stampa del Fatto, a proposito di sue amicizie dei tempi in cui faceva l’avvocato: non specchiate, fra l’altro anche dato il mestiere.
Ieri già all’arrivo, l’ospite aveva ricevuto il benvenuto a suon di «mafioso», «colluso», ma il gruppo era stato tenuto fuori dalle transenne, dove è rimasto. Quando il dibattito è cominciato, e Schifani aveva indossato i panni del berlusconiano presentabile, è piovuto di tutto: ma stiamo ovviamente parlando solo di parole. Piero Fassino a questo punto prende il microfono per placare gli animi. E invece ci mette il carico: «Abbiamo definito squadristi quelli che si organizzavano per contestare Fini a Mirabello». Schifani, che di colomba veste solo i panni, tiene la scena più a lungo che può, «sono onorato di essere invitato dal Pd»: a favore delle telecamere che ormai sbandano in lungo e in largo sotto la tensostruttura. La situazione si fa ingestibile e infatti finisce con una ritirata, il presidente scortato all’uscita, i contestatori tenuti a distanza ma non domati (nel corso del dibattito un gruppo era stato messo alla porta dal servizio d’ordine Pd, ma evidentemente la protesta era più generalizzata).
Da tutte le parti dello Stivale piove la solidarietà alla seconda carica dello stato. Maggioranza, opposizione, incerti: Gianfranco Fini a nome della Camera intera, il ministro Rotondi, Rutelli, Polverini, leghisti al gran completo. Arriva dal capo dello stato Napolitano la «viva deplorazione contro «l’intimidatoria gazzarra». La maggioranza gongola, per il punto segnato contro il Pd. Casini, a nome dell’Udc, sottolinea che «il Pd deve riflettere molto seriamente se vuole avere un futuro nella società italiana: Di Pietro e i ‘grillini’ seminano odio e sono incompatibili con qualsiasi progetto serio di governo». Pier Luigi Bersani deve incassare: esprime solidarietà al fischiato e avverte che «le nostre feste vivono come luoghi aperti di incontro e di discussione politica. Qualcuno si levi dalla testa di poterci intimorire o farci derogare da questa scelta». A buon intenditor Di Pietro: che risponde pan per focaccia: «Stiamo dalla parte dei contestatori che sono semplicemente difensori della legalità. È ora di dire basta a questa ipocrisia imperante». Beppe Grillo lo scavalca e fa una vera rivendicazione: «Devono rendersi conto che è finita. Che si blindino con i poliziotti antisommossa, chiamino Maroni e l’esercito. Paghino la gente che va ai comizi per applaudirli. Oppure se ne vadano a casa. Io non sono l’autore o il sobillatore, io interpreto quello che vedo e che sento: la gente non ce la fa più». E conclude «È l’inizio della fine».
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