I centri sociali e il lavoro perduto così a Torino cresce la violenza

Viaggio nell’ansia della città , inquieta e intollerante. Cresciute di un terzo le famiglie bisognose di assistenza. Mirafiori, due anni con paghe decurtate del 25% Le testimonianze di una crisi cittadina su cui i contestatori violenti trovano nuovi margini di azione 

Viaggio nell’ansia della città , inquieta e intollerante. Cresciute di un terzo le famiglie bisognose di assistenza. Mirafiori, due anni con paghe decurtate del 25% Le testimonianze di una crisi cittadina su cui i contestatori violenti trovano nuovi margini di azione 

TORINO – Simona ha 43 anni, è imprenditrice, ha un´azienda informatica ipertecnologica e spera di sopravvivere ai tagli nelle forniture di servizi alla pubblica amministrazione. Lele di anni ne ha 34, lavora in cooperativa, anche lui nel settore della comunicazione. Simona è una signora politicamente corretta, che raccoglie firme contro la mafia e a favore dell´acqua pubblica. Lele è da sempre politicamente scorrettissimo, è uno dei cattivi dei centri sociali, sulle barricate contro la Tav e nel centro di Torino. L´esponente di un arcipelago radicato in città, ai limiti della legge e oltre anche quando l´economia tirava e la cassa integrazione era un retaggio del passato. Nell´ultima settimana Simona e Lele si sono conquistati, ognuno per la sua parte, la patente di antidemocratici e squadristi per aver tolto la parola a Schifani e Bonanni. Lei si difende attaccando: «Se c´è il sospetto che un politico sia un mafioso, perché non ho il diritto di porgli la domanda? Se tolgono la parola a me, io rivendico il diritto di zittirlo». Lui è molto più pesante: «Sai quanta gente è venuta dopo a dirmi che darebbe volentieri un calcio in culo a Bonanni?». Sono loro i due volti, assai diversi, della Torino intollerante e violenta che va in tv in questi giorni. Rappresentano posizioni estreme ma costituiscono un richiamo allettante per quel un vero e proprio iceberg dell´inquietudine che galleggia sotto la città: «Torino – sintetizza il presidente degli industriali, Gianfranco Carbonato – è preoccupata, sospesa, in attesa di conoscere il suo futuro. Speriamo che sciolga presto i suoi dilemmi».
Come si misura l´inquietudine di una città? Il pugliese Roberto Tricarico, giovane assessore alla casa, tira fuori dal cassetto i dati del servizio statistico: «In tre anni, dal 2007 al 2009 le famiglie che hanno bisogno dell´assistenza comunale sono cresciute di un terzo, da 4.500 a quasi seimila». Dietro le cifre c´è un´ansia diffusa. Il direttore generale delle Molinette, Giuseppe Galanzino, racconta che «cresce il numero degli infermieri con il quinto dello stipendio impegnato». Molti non riescono ad arrivare alla fine del mese al punto che «è stato necessario istituire un servizio di consulenza psicologica» e anche finanziaria. Perché nei luoghi di lavoro le agenzie dei prestiti si aggirano come falchetti: ai cancelli di Mirafiori i volantini dei mutui sono più numerosi di quelli dei partiti.
Storie che colpiscono in una città abituata al posto di lavoro fisso, dove l´italica arte di arrangiarsi non fa parte della tradizione locale. Suor Giuliana Galli è il simbolo delle due Torino, quella dall´alta finanza e quella dei poveri che fanno la fila al Cottolengo per un piatto di pasta. Ha 76 anni, è vicepresidente della Compagnia di San Paolo e ha trascorso l´estate a Lampedusa a occuparsi dei disperati che sbarcano dal mondo. Perché Torino è inquieta? «Perché non ha più la mamma». La Fiat di Romiti, sabauda e granitica, è un ricordo del passato. Nella Fiat di Marchionne tutto è più incerto. Suor Giuliana, che Romiti lo ha conosciuto, racconta di una nuova Torino che vive «una insicurezza non solo economica. Forse questa è la modernità. Pensavamo che ci saremmo abituati e invece non è così».
E´ l´indeterminatezza di cui parla Carbonato: «La crisi non lascia scampo. Speriamo di capire in poche settimane quale sarà, ad esempio, il futuro di Mirafiori – dice il leader degli industriali – perché da quello dipendono decine di migliaia di persone. Certo non aiutano le polemiche sindacali di queste settimane. Non vedo l´unità d´azione contro la crisi che ci fu quattro anni fa». Il ricorso alla cassa integrazione è crescente: la fine degli incentivi ha depresso il mercato dell´auto. Nel 2009 Mirafiori è rimasta ferma 9 settimane, quest´anno siamo già a 13, destinate certamente ad aumentare. In due anni la grande fabbrica si è bloccata per sei mesi e gli stipendi sono stati ridotti di un quarto.
Il posto di lavoro è l´ossessione anche se per ora la rete di assistenza regge. Spiega Tricarico: «A Torino la popolazione è tornata ad aumentare non solo per l´immigrazione ma anche perché molti che erano andati a vivere fuori stanno tornando per poter usufruire dei servizi sociali». Come nel medioevo, ci si ripara dietro le mura del castello. Non sempre è sufficiente. Pierluigi Dovis, 47 anni, dirige la Caritas torinese del 2000. Spiega che «un torinese su cinque è povero o si sente economicamente insicuro». Ma più dei dati, colpisce l´aumento dell´ansia: «Nelle scorse settimane ho visitato una famiglia in difficoltà. Sono entrato nell´alloggio, ho salutato, e mi è venuta incontro una bambina allarmatissima: ‘Silenzio – mi ha detto – perché papà dorme. Se si sveglia non riesce più a lavorare bene e lo licenziano´».
C´è un rapporto tra questa inquietudine e gli ultimi episodi di intolleranza? Donata Canta è sindacalista dall´83. Oggi guida la Camera del lavoro: «Non mi preoccupano solo i gravi episodi di intolleranza ma quel che potrà accadere nei prossimi mesi quando in provincia di Torino migliaia di persone usciranno dalla mobilità senza poter avere la pensione. Rischiamo di non avere una rete per loro». Non è solo un problema economico. In quello che Carbonato chiama «un delicato momento di passaggio» c´è una questione di prospettiva. Bruno Babando, maitre à penser della destra torinese, descrive Torino come «una città che ha perduto la carta d´identità, che sa quel che era e non quel che sarà». Nostalgia? Forse. Ma morsi dalla fame anche gli ebrei nel deserto rimpiangevano le cipolle della prigionia egiziana. Tocca a Chiamparino spiegare gli ultimi avvenimenti: «Non credo ci sia un caso Torino – dice il sindaco – perché le contestazioni a Bonanni e Schifani si sarebbero potute verificare anche in altre parti d´Italia. C´è invece una città in cui lo scontro tra le posizioni riformiste e quelle radicali è storicamente più forte, dove i partiti non sono mai riusciti a rappresentare completamente quel che si muove nella società». Ed anche una città alla vigilia di un cambio di stagione: stanno per essere sostituiti il sindaco e il cardinale. Il 16 settembre l´assemblea degli azionisti darà il via allo scorporo dell´auto dalla Fiat. Pochi mesi e a Torino, nulla sarà più come prima.

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