Quell’arte di classe

In marcia nel Quarto Stato di Pellizza da Volpedo o sagome d’acrilico rosso nei dipinti di Mario Schifano Protagonisti delle parole di Majakovskij e di Pavese poi immortalati da Monicelli e cantati da Ricky Gianco

Libri, quadri e film: una fonte d’ispirazione

In marcia nel Quarto Stato di Pellizza da Volpedo o sagome d’acrilico rosso nei dipinti di Mario Schifano Protagonisti delle parole di Majakovskij e di Pavese poi immortalati da Monicelli e cantati da Ricky Gianco

Libri, quadri e film: una fonte d’ispirazione «Ogni movimento rivoluzionario è romantico per definizione» scriveva Antonio Gramsci. Ebbene, di questa rivoluzione romantica o di questo romanticismo rivoluzionario, il tributo più ardente e insistito alla parola «compagni», l´energia più estesa e vibrante si deve a Majakovskij.

È specialmente nella sua poesia che l´appellativo o l´interiezione acquista potenza letteraria e tonante: «Compagni! Sulle barricate!/ Barricate di cuori e di anime». Altro che materialismo storico: «Siamo uguali. Compagni d´una massa operaia./ Proletari di corpo e di spirito». Nella sua Lettera aperta agli operai, Majakovskij conquista l´attenzione ben al di là delle circostanze della storia: «Compagni, il duplice incendio della guerra e della rivoluzione ha devastato la nostra anima e le nostre città». Nel suo appello agli artisti e agli intellettuali l´evocazione risuona ultimativa: «Compagni, date un´arte nuova,/ tale che tragga la repubblica dal fango».

Fino all´estremo della sua vita, fino all´ultimo biglietto, scritto prima di farsi saltare le cervella: «Mamme, sorelle, compagni, perdonatemi». E ancora, come rivolgendosi a un´entità personale, tragica illusione da poeta: «Compagno governo, la mia famiglia è Lili Brik».

Ecco. A cercare «compagni» come fonte d´ispirazione artistica, si rischia oggi di rimanere con un nobile pugno di cenere tra le mani. Libri, film, quadri: così inattuali, così stranianti, così ambigui, a volte. Spunta dallo scaffale, reparto terrorismo, Compagna luna (Feltrinelli, 1998): l´ha scritto in prigione Barbara Balzerani, la più spietata brigatista. Ma è un volume lontano mille miglia, una vertigine di anni e di senso, da Il compagno di Pavese, romanzo vivo di riscatto (1947). Eppure, quando Pavese prese a interessarsi al mito, gli intellettuali comunisti la presero così male da fargli appuntare nei suoi diari: «Pavese non è un buon compagno. Discorsi d´intrighi dappertutto. Losche mene, che sarebbero poi i discorsi di quelli che ti stanno più a cuore».

I buoni compagni. O i compagni buoni – che non era proprio la stessa cosa, ma in fondo sì. Comunque quelli che tra la nascita e la morte, solo attraverso quell´appellativo, diedero dignità alla loro condizione attraverso la lotta. Quelli, per dire, che già due secoli orsono affrontavano lo sguardo del pubblico nel Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. O quelli immortalati da Monicelli nel 1963 in un film, I compagni appunto, reso ancora più epico dalla straordinaria fotografia di Peppino Rotunno. Quelle scarne figure, infine, sagome d´acrilico rosso con chiavi inglesi e cartelli, che dopo il Sessantotto Mario Schifano volle intitolare Compagni, compagni – e che una truce leggenda anti-gruppettara voleva foderassero a mo´ di boiserie le pareti della sala da pranzo della casa romana dell´Avvocato Agnelli.

Compagno sì, compagno no, compagno un cazzo cantava nel frattempo Ricky Gianco. Eppure c´è una bellissima definizione che con i dovuti aggiornamenti sembra resistere all´usura del tempo. La ricordava giorni fa sul Manifesto Alessandro Portelli e forse ancora vale perché, più che da un ideologo, viene dal più grande studioso di antropologia culturale, Ernesto De Martino, che così spiegò la passione dei suoi studi: «Io entravo nelle case dei contadini pugliesi come un “compagno”, come un cercatore di uomini e di umane dimenticate istorie, che al tempo stesso spia e controlla la sua propria umanità, e che vuol rendersi partecipe, insieme agli uomini incontrati, della fondazione di un mondo migliore, in cui migliori saremmo diventati tutti, io che cercavo e loro che ritrovavo».

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