“La trattativa Stato-mafia ci fu e Cosa nostra fa ancora politica”

La relazione di Pisanu. Grasso: belle teorie, servono prove

L’Antimafia rilegge la storia degli attentati e rilancia il dibattito su quegli anni tragici

La relazione di Pisanu. Grasso: belle teorie, servono prove

L’Antimafia rilegge la storia degli attentati e rilancia il dibattito su quegli anni tragici ROMA – «Trattativa? Ci fu qualcosa del genere». Per la prima volta, un esponente del centrodestra, il senatore pdl Giuseppe Pisanu, presidente dell´Antimafia, ex ministro dell´Interno ed ex esponente democristiano, ammette che «nella stagione dei grandi delitti si verificò una convergenza di interessi fra Cosa nostra, logge massoniche segrete, pezzi deviati delle istituzioni, mondo degli affari e della politica». E lascia aperto l´interrogativo se «la trattativa-ricatto produsse come effetto, nel novembre del ’93, la revoca della proroga del 41 bis per 140 detenuti dell´Ucciardone di Palermo». Mai prima, dal ’94, da quando, con l´avvicendamento ai vertici di Cosa nostra fra Riina e Provenzano finì la stagione terroristico-eversiva della mafia, una commissione parlamentare Antimafia si era interrogata seriamente sui rapporti fra Stato e mafia arrivando a sentenziare che «alle spalle delle stragi del ’92 e del ’93 si mosse un groviglio tra mafia, politica, grandi affari, gruppi eversivi e pezzi deviati dello Stato». E concludendo che «oggi Cosa nostra ha rinunciato all´idea di confrontarsi da pari a pari con lo Stato. Ma non ha certo rinunciato alla ‘politica´». Pisanu ieri – solo casualmente all´indomani della sentenza Dell´Utri – ha tentato «una rilettura ordinata dei tragici fatti» di quegli anni, una «spaventosa sequenza di stragi e omicidi – dagli attentati a Falcone e Borsellino alle autobomba a Milano a Villa Reale, a Roma a San Giovanni in Laterano e davanti alla Chiesa di San Giorgio al Velabro, a Firenze in via Georgofili – che fece temere addirittura al presidente del Consiglio in carica (Ciampi, ndr), l´imminenza di un colpo di Stato». Per il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, «quelle di Pisanu sono belle parole. Ma servono le prove».

Pronta la replica del presidente Antimafia. La sua relazione, dice, è solo l´inizio di un dibattito che deve portare a una delle tre verità su quei fatti, quella politica che «si giustappone, senza mai fondersi, a quella giudiziaria e storica». Un lavoro, questo, che l´Antimafia non ha mai svolto prima seriamente ma che per il capogruppo pd, Laura Garavini, «deve inaugurare una nuova stagione di indagini sulle stragi». Se ci fu qualcosa di simile a una trattativa Stato-mafia, «non esistono – ha detto citando Falcone – “terzi livelli” di alcun genere capaci di influenzare o addirittura determinare gli indirizzi di Cosa nostra». «Ipotizzare l´esistenza di centrali del crimine, burattinai e grandi vecchi che dall´alto dettano l´agenda o tirano le fila della mafia, significa peccare di rozzezza intellettuale». Del resto, chiosa Pisanu, «gli storici hanno constatato che mafiosi di ogni rango sia alla fine dell´Ottocento sia del Novecento “parlavano” e stabilivano intese con poliziotti e questori». «Se erano o no “trattative” ognuno di noi è libero di giudicare». Pisanu, pur precisando di voler «evitare interferenze con le indagini in corso della magistratura», a sorpresa svela una notizia fino a quel momento ancora ufficiosa, l´iscrizione nel registro degli indagati di Lorenzo Narracci, vicecapocentro dell´ex Sisde all´epoca delle stragi, ancora in servizio all´Aisi. Perché, si sono chiesti alcuni membri della Commissione, Pisanu ha fatto il nome di uno 007 ancora in servizio riferendo una notizia coperta da segreto istruttorio? Secondo Pisanu, le prime indagini su di via D´Amelio «avrebbero subito rilevanti forzature anche ad opera di funzionari di polizia legati ai servizi segreti». Su quella scena, «riappaiono le ombre dei servizi segreti, prima fra tutte quella del dottor Narracci già collaboratore del dottor Contrada, tuttora all´Aisi, a quanto pare indagato a Caltanissetta». L´esplosivo usato, lo stesso di via Fauro, il plastico T4, “osserva” il presidente dell´Antimafia, «lo hanno in dotazione solo le nostre Forze Armate. Cosa nostra ne fece esplodere 670 chili».

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