G20 di Londra, niente processo al poliziotto assassino

REGNO UNITO «Referti discordanti». L’agente che ha colpito un uomo a morte non verrà  perseguito

REGNO UNITO «Referti discordanti». L’agente che ha colpito un uomo a morte non verrà  perseguito

Nel video amatoriale reso pubblico dopo l’incidente, avvenuto il 1° aprile 2009, durante in G20 di Londra, si vede un uomo camminare con calma, con le mani in tasca, davanti a una decina di poliziotti vestiti con giacche gialle fosforescenti e casco in testa, armati di manganelli e con alcuni cani al guinzaglio. Prima, Ian Tomlinson, un venditore di giornali di 47 anni, viene morso alla gamba da uno dei cani. Poi un poliziotto lo colpisce alla coscia sinistra e lo spinge con violenza a terra. L’uomo, che ha le mani in tasca, non riesce ad attutire il colpo e cade sul marciapiede a faccia in giù. Aiutato a rialzarsi da un passante, Tomlinson ha poi continuato il suo tragitto verso casa. Ma pochi minuti dopo l’aggressione, si è accasciato a terra in un vicolo a 100 metri di distanza. Morto.
Ieri, alla fine delle indagini condotte dall’Independent police complaints commission (Ipcc) e dal Crown prosecution service (Cps), il direttore della procura britannica Keir Starmer ha annunciato che l’agente di polizia che commise la violenza non verrà perseguito legalmente. Insomma, niente processo per un poliziotto che, senza motivo, aggredì un uomo che in alcun modo l’aveva provocato. La decisione della procura è stata giustificata dal fatto che i referti delle autopsie (3 in tutto) sono discordanti fra loro, indicano cioè cause diverse per la morte del venditore di giornali.
La prima autopsia è stata condotta il 3 aprile dal dottor Freddy Patel, unico presente nella sala settoria, ignaro dell’aggressione subita da Tomlinson pochi minuti prima della morte. Il referto di Patel indica che l’uomo è morto per «cause naturali», in particolare per un «problema all’arteria coronaria», quindi infarto. La seconda autopsia, richiesta dalla famiglia e condotta il 9 aprile dal dottor Nat Cary ha stabilito che la morte è stata causata da una emorragia interna all’addome dovuta alla caduta. Il referto della terza autopsia, condotta il 22 aprile, concorda con la seconda.
A causa delle «discrepanze» fra i riscontri medici, non vi è «alcuna possibilità realistica di condanna nei confronti dell’agente in questione» ha affermato il direttore della procura Starmer. Ma oltre al danno la beffa. La procura ha infatti ammesso che la reazione dell’agente di polizia fu «sproporzionata e ingiustificata», definendola una «aggressione», ma nessuna denuncia può essere ormai sporta contro l’agente perché è scaduto il limite di 6 mesi entro cui si può esporre la querela. Per il poliziotto, quindi, l’unica sanzione sarà la sospensione dall’ufficio.
Il figlio della vittima, Paul King, si è detto «tradito e deluso» per la decisione «oltraggiosa» del Cps e ha dichiarato l’intera indagine una «farsa» per proteggere il poliziotto. L’avvocato di famiglia, Jules Carey, ha affermato che faranno appello contro la «vergognosa» decisione della procura.

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