WikiLeaks resiste

Parla l’inafferrabile Julian Assange, fondatore del sito internet «in guerra» col Pentagono per la pubblicazione di video che documentano le stragi di guerra Usa. «Presto un filmato su un massacro in Afghanistan, continueremo a difendere l’anonimato delle nostre fonti»

Parla l’inafferrabile Julian Assange, fondatore del sito internet «in guerra» col Pentagono per la pubblicazione di video che documentano le stragi di guerra Usa. «Presto un filmato su un massacro in Afghanistan, continueremo a difendere l’anonimato delle nostre fonti»
Non ha cellulare, cambia spesso numero di telefono fisso, usa almeno sei indirizzi email e, quando non è in viaggio per lavoro, divide il suo tempo tra la nativa Australia, il Kenya e l’Islanda. Julian Assange, fondatore di WikiLeaks.org, sito che permette a chiunque di pubblicare anonimamente documenti riservati, nell’ultimo mese è stato imprendibile, anche perché a cercarlo c’era il Pentagono, che lo ritiene in possesso di informazioni molto delicate per la sicurezza nazionale statunitense.
Le attenzioni del governo Usa risalgono alla fine di maggio, dopo l’arresto di Bradley Manning, soldato di stanza in Iraq accusato di essere una «talpa» di WikiLeaks. Tra i materiali che il militare avrebbe «passato» all’organizzazione di Assange, un video, reso pubblico lo scorso aprile, che mostra un elicottero Usa uccidere varie persone a Baghdad, in Iraq, tra cui due impiegati della Reuters. Nelle settimane di eclissi, l’ex hacker australiano non ha certo rassicurato il Dipartimento di Stato: via email ha confermato di essere in possesso di un altro video, che documenta la strage di oltre cento civili (la maggior parte bambini) durante un attacco americano al villaggio afghano di Garani. Assange è riemerso in pubblico lunedì scorso in occasione di un convegno sulla censura organizzato a Bruxelles al Parlamento europeo dove il manifesto lo ha raggiunto.
Riappari così, senza paura?
Dopo avere analizzato la cosa ho capito che la situazione politica era tale che non sarebbe stato nell’interesse di nessuno interferire con la mia libertà di viaggiare.
Dunque la definizione di una «caccia all’uomo» del Pentagono nei suoi confronti non è più appropriata?
Inizialmente, alcune dichiarazioni di rappresentanti del governo e dell’esercito americano andavano in questo senso. Ora la situazione si è chiarita e credo che da parte Usa ci sia la convinzione che ogni interferenza nei confronti della mia attività o di quella di WikiLeaks sarebbe giudicata negativamente dalla stampa internazionale e da altre istituzioni.
Questa situazione è nata dall’arresto di un soldato americano ritenuto responsabile di avervi «passato» materiali riservati.
Non raccogliamo l’identità delle nostre fonti e, se per caso ci imbattessimo in informazioni di questo tipo, le distruggeremmo. Per questo non possiamo confermare. Ma visto che sosteniamo chi fornisce informazioni riservate, abbiamo assunto tre avvocati americani per difendere il soldato.
Cosa sapete delle sue condizioni?
Molto poco e questo ci preoccupa. Il suo legale, che è stato scelto dall’esercito, non ha risposto alle nostre richieste di informazioni. È molto inusuale – ce lo confermano esperti di diritto militare Usa – che un soldato sia in stato di arresto senza nessuna accusa formale per un periodo così lungo.
Un articolo della rivista online Salon cita un documento del controspionaggio Usa (ironicamente, rivelato proprio da WikiLeaks) in cui si afferma che per depotenziare il vostro servizio è necessario che le vostre fonti siano scoperte e esposte al pubblico. È ciò che sta accadendo?
Bradley Manning è accusato di avere parlato delle sue attività di informatore a un giornalista americano ed ex hacker (Adrian Lamo, ndr) che non ha nessun legame con WikiLeaks. Al contrario, si tratta di un giornalista che ha consegnato Manning, un suo informatore, all’esercito.
Resta però il rischio che all’opinione pubblica arrivi un messaggio diverso, scoraggiando nuovi informatori.
Il documento dell’esercito che citavi dice che il nostro «centro di gravità», vale a dire la certezza da parte delle fonti che noi le proteggeremo, può essere distrutto da circostanze come quelle che si stanno verificando in questi giorni. Tuttavia, se uno si prende la briga di leggere i dettagli della vicenda, riconoscerà che non siamo venuti meno al nostro dovere e che le procedure di WikiLeaks sono efficaci. Manning ha solo commesso l’errore di parlare con qualcun altro. Bisogna ricordare alle fonti che non tutti i giornalisti seguono standard rigorosi.
Avete confermato di avere un video sul massacro di Garani, in Afghanistan. Quando lo pubblicherete?
Ci stiamo lavorando: pubblicheremo il video e documenti associati ad esso presto.
Quanto «presto»? Più o meno di una settimana?
Dipende alle circostanze. Abbiamo poche risorse e molto lavoro da fare.
Pensate a un’operazione come quella fatta per il video che documenta l’uccisione di civili a Baghdad da parte di un elicottero Usa: una versione editata del materiale per aiutare la comprensione di chi lo guarda?
È un aspetto delicato. Il fatto che abbiamo editato il primo video è stato utilizzato da militari e politici per screditarci, anche se il lavoro di montaggio è stato limitato e abbiamo messo a disposizione il video integrale. Ma abbiamo notato che quando pubblichiamo materiale senza contesto, l’impatto sull’opinione pubblica è scarso. Quindi, anche per il video afghano, stiamo lavorando a un’operazione analoga.
WikiLeaks si rivolge a informatori in organizzazioni private e pubbliche di tutto il mondo. Secondo un articolo del New York Times, Obama è molto più duro di quanto non fosse Bush con le «talpe» nel governo.
Pare che sia così. Chiunque è al potere, di qualunque partito sia, si mescola con l’apparato burocratico, militare o dell’intelligence e questo è quello che accade negli Stati Uniti. Non dobbiamo dimenticare però che spetta all’opposizione limitare il potere del governo, ma su questi argomenti i repubblicani raramente agiscono da freno.
Parlando di governi, ha seguito le polemiche sulle norme sulle intercettazioni del governo Berlusconi?
Da quello che vedo il percorso che sta intraprendendo l’Italia è deplorevole. Ai giornalisti italiani dico che WikiLeaks può essere un aiuto. Ai vostri legislatori ricordo che se vogliono che la gente obbedisca una legge devono votare norme ragionevoli, altrimenti genereranno solo risentimento nei confronti del diritto; e sono sicuro che questo è uno di quei casi.
www.effecinque.org

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