Un'altra nave di pacifisti irlandesi tenterà  di raggiungere la costa

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Israele sfida l’Onu: “Ipocriti” La Nato: “Liberate i militanti”

Il governo Netanyahu annuncia l’espulsione di tutti i pacifisti

Hillary Clinton: “La situazione nella Striscia è inaccettabile e non può durare”

Un’altra nave di pacifisti irlandesi tenterà  di raggiungere la costa

Il governo Netanyahu annuncia l’espulsione di tutti i pacifisti

Hillary Clinton: “La situazione nella Striscia è inaccettabile e non può durare”

Un’altra nave di pacifisti irlandesi tenterà  di raggiungere la costa

 

GERUSALEMME – «Ipocriti!». Con quest´epiteto, solitamente adoperato per supportare l´accusa di antisemitismo, il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman ha risposto alla richiesta dei principali organismi internazionali – Nazioni Unite, Unione Europea e Nato – di far luce sul drammatico arrembaggio di lunedì notte contro la flottiglia umanitaria attraverso un´inchiesta immediata, imparziale e trasparente. La Nato chiede anche la liberazione delle centinaia di passeggeri del traghetto assaltato ancora trattenuti agli arresti: ma il governo d´Israele annuncia che saranno tutti oggetto di un provvedimento d´espulsione.

L´ipocrisia, secondo Lieberman, che sul tema s´è intrattenuto telefonicamente con il segretario generale dell´Onu Ban Ki-moon, consiste nel fatto che, nonostante nel solo mese di maggio 500 persone siano state uccise in varie parti del mondo, nessuno dei paesi coinvolti in questi incidenti è stato condannato, come invece è successo a Israele. Un caso evidente, ha concluso il capo della diplomazia israeliana, di «doppio standard», due pesi e due misure ai danni d´Israele.

L´irata reazione di Lieberman, che in questo caso esprime un´opinione assai diffusa sia nei palazzi della politica che nel Paese, indica che il governo israeliano non solo non ha alcuna intenzione di attenuare o addirittura eliminare, come gli viene da più parti richiesto, il blocco imposto sulla Striscia di Gaza – ancora ieri il segretario di Stato Hillary Clinton ha definito il blocco «inaccettabile», aggiungendo che «non può durare» – ma che intende ribattere colpo su colpo alle critiche suscitate dall´operazione «Sky Winds», “venti del cielo”, come è stato battezzato l´arrembaggio notturno.

Israele glorifica i propri soldati, anche se qui i morti e i feriti gravi sono tutti dall´altra parte. Come sempre quando infuria la bufera, tutte le fazioni politiche appaiono abbastanza allineate con il governo. Come succede in occasione dei grandi fatti militari, il premier Netanyahu, appena sbarcato dall´aereo che lo ha riportato precipitosamente in patria, senza poter incontrare Obama, è andato a visitare i feriti israeliani. Il premier ha ribadito che «le critiche internazionali non spezzeranno il blocco marittimo di Gaza».

Ma non è tutto. I portavoce hanno fatto sapere che il premier ha chiamato al telefono Obama per spiegare al presidente americano i motivi che l´hanno costretto a rientrare. Obama ha espresso la sua piena comprensione. Un idillio ritrovato, si direbbe. Se non fosse che più o meno negli stessi istanti in cui avveniva la conversazione, il capo del Mossad Meir Dagan, non un funzionario qualsiasi, spiegava alla commissione Esteri e Difesa della Knesset che secondo l´analisi dell´Istituto, gli Stati Uniti stiano cominciando a percepire Israele non più come una risorsa («asset»), ma come un peso («burden»).

Ribattere colpo su colpo alle critiche dell´opinione pubblica internazionale vuol dire, per Israele, portare anche nuovi elementi a sostegno della versione ufficiale sugli avvenimenti di lunedì notte. Con gli attivisti della nave Mavi Marmara che hanno resistito all´arrembaggio ritratti a tinte sempre più fosche, non più soltanto «teppisti» o, per citare Ben Caspit di Maariv, «punk», ma, nelle parole dell´ufficiale ferito, «terroristi decisi a combattere una guerra».

E se i pacifisti malintenzionati erano nelle prime ricostruzioni una ventina o, al massimo, una trentina, adesso nelle parole degli uomini del commando sono diventati «il 75 per cento dei passeggeri della nave». Il che vuol dire, fatto un rapido calcolo, almeno 400 attivisti pronti a menare le mani, le spranghe, i coltelli. Un esercito. Un esercito che è stato rinchiuso in cella, nel carcere di Beersheva, ed ora si dibatte nel dilemma: o accettare l´ordine di espulsione, ammettendo la colpa, o sottoporsi alla decisione del giudice, con le conseguenze del caso. In queste ambasce si trovano anche cinque dei sei italiani arrestati.

Nell´immediato futuro si profila all´orizzonte la carena della Rachel Corrie, nave di pacifisti irlandesi dedicata alla memoria dell´attivista umanitaria americana uccisa a Gaza da un bulldozer israeliano impegnato nella demolizione di una casa. Loro, i pacifisti, sono decisi a puntare sulla Striscia incuranti della minaccia che un ufficiale della marina israeliana ha lanciato sotto anonimato al Jerusalem Post: «La prossima volta useremo ancora più forza».

 

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