Corea, l’ultima cortina di ferro

Le potenze che insieme avevano sconfitto Hitler si scontravano per il dominio sull’Asia
Per qualche settimana ci fu il terrore che scoppiasse la Terza Guerra mondiale
Sessant’anni fa, lungo il 38esimo parallelo, scoppiava la guerra tra Nord e Sud. Viaggio in una terra dove le ferite aperte dal conflitto sono ancora vive: e l’idea della riunificazione appare sempre più come un miraggio lontano

Le potenze che insieme avevano sconfitto Hitler si scontravano per il dominio sull’Asia
Per qualche settimana ci fu il terrore che scoppiasse la Terza Guerra mondiale
Sessant’anni fa, lungo il 38esimo parallelo, scoppiava la guerra tra Nord e Sud. Viaggio in una terra dove le ferite aperte dal conflitto sono ancora vive: e l’idea della riunificazione appare sempre più come un miraggio lontano SEUL. Dopo 60 anni la penisola coreana resta ad un passo dal conflitto, ancora priva di un trattato di pace e consegnata ai sempre più complicati equilibri dell´Onu, ma la sua è una storia segnata dalla guerra. Appendice estrema dell´Asia, proiettata a dividere le acque dell´estremo Oriente giapponese dal Mar Giallo cinese, è sempre stata una terra contesa tra le popolazioni delle steppe siberiane e quelle dell´Impero di Mezzo. Mongoli, russi e cinesi, nei secoli, si sono contesi le colline e gli approdi da cui era possibile controllare le frontiere segnate dalle più travolgenti invasioni della storia. Fu quindi la volta del Giappone: nel 1910, esattamente un secolo fa, i giapponesi invasero la Corea trasformandola in una colonia. Ancora oggi la gente ricorda la ferocia della dominazione di Tokyo, la distruzione sistematica della già incerta identità nazionale, la cancellazione della lingua e di ogni tradizione.

Secondo gli studi storici più recenti va cercata in questo svuotamento, nella sottrazione di una personalità popolare collettiva, la causa che ha posto le condizioni perché qui, a cavallo del 38º parallelo, si sia combattuta l´ultima grande battaglia postuma della Seconda Guerra Mondiale, la prima della Guerra Fredda.
La Corea giapponesizzata della prima metà del ‘900 è rimasta infine vittima della sconfitta bellica del proprio invasore. Le potenze vincitrici, Russia e Stati Uniti, se la sono spartita nel 1945 e la rapidità dell´ascesa della Cina rivoluzionaria di Mao Zedong, nel 1949, ha arrestato il processo di riunificazione nazionale. È in questo contesto, ancora influenzato dalla cultura delle dinastie imperiali dell´Oriente e dal colonialismo dell´Occidente, che lo choc atomico di Hiroshima e Nagasaki è degenerato nella guerra novecentesca tra le ideologie, simboleggiata dal conflitto tra Usa e Urss. Nella penisola coreana, tra il 1945 e il 1950, tutto era rimasto incerto e le due aree di influenza non erano riuscite ad accordarsi per dare vita ad una nazione indipendente. Washington e Mosca, punita Tokyo, continuavano a cullare la speranza di poter costruire un proprio protettorato in Oriente, capace di sigillare la frontiera con la Cina.
Alla metà del secolo scorso si consumava nella penisola coreana una doppia guerra: quella civile, tra Nord e Sud, e quella globale tra le democrazie capitaliste entrate nell´orbita atlantica e le repubbliche socialiste riunite dal Patto di Varsavia. La ragione ultima che, nella notte del 25 giugno 1950, ha convinto la Corea del Nord a invadere la Corea del Sud, violando la frontiera stabilita lungo il 38º parallelo, è avvolta dal mistero. Gli storici restano divisi. I revisionisti sostengono che fu il Sud, con la complicità di Usa e Giappone, a provocare la guerra. Secondo la storiografia ufficiale fu invece il leader del Nord, Kim il Sung, a promuovere un´azione di forza dopo aver ottenuto il sostegno della Russia. È chiaro che senza il conflitto a distanza tra chi aveva sconfitto la Germania di Hitler e si contendeva il dominio sul mondo, Pyongyang e Seul avrebbero incontrato meno ostacoli nel fissare la data di un referendum per la creazione di uno Stato.
Per il popolo coreano queste sono però oggi dietrologie vane. Conta la realtà, che fu e che rimane, una delle più tragiche dell´umanità. La notte del 25 giugno di 60 anni fa l´artiglieria del Nord aprì il fuoco e 80mila soldati si lanciarono all´attacco di Seul. Tra il confine di Panmunjon e la capitale del Sud ci sono meno di 60 chilometri e in poche ore si consumò la prima strage. Le milizie comuniste rasero al suolo la città e si resero protagoniste di atrocità orrende contro la popolazione civile. Il presidente del Sud, Syngma Rhee, rimase sorpreso dall´attacco. Nel giro di poche settimane i soldati di Kim il Sung, padre dell´attuale dittatore di Pyongyang, conquistarono quasi totalmente il territorio nemico e la guerra apparì perduta. L´America, come tutti i suoi alleati dell´Onu, interpretò l´avanzata del comunismo in Corea come la prova generale di un´imminente offensiva globale dell´Unione Sovietica di Stalin. Già il 27 giugno il Consiglio di Sicurezza Onu approvò «sanzioni militari» contro la Corea del Nord e ai primi di settembre, grazie all´impiego di truppe provenienti da 17 Paesi, l´avanzata di Pyongyang fu arrestata. Pochi giorni dopo il generale MacArthur, capo delle truppe alleate commise l´errore che ancora oggi il popolo coreano sconta. Spinse la controffensiva americana nel cuore del Nord, fino a minacciare la frontiera cinese. Fu allora che Pechino, rimasta neutrale, inviò 180mila “volontari” a rinforzo degli eserciti in rotta di Urss e Corea del Nord. Le battaglie cessarono, furono avviati negoziati e il 27 luglio 1953 la frontiera venne ristabilita lungo il 38º parallelo, a Punmunjon, come nel 1948. La guerra armata venne di fatto sospesa.
Si delinearono però in quei giorni gli schieramenti che hanno segnato la storia della seconda metà del ‘900, che hanno portato ai massacri in Vietnam e Cambogia e che tornano ora a far salire la tensione in Oriente e nel Pacifico. Anche il bilancio pesa come un macigno insopportabile: tra 2 e 4 milioni di morti, in gran parte di fame tra i civili. Nord e Sud erano territori distrutti, invasi di profughi e di famiglie divise per sempre. Il mondo, paralizzato dal terrore in un nuovo conflitto atomico, concentrato sul nuovo fronte che il Muro di Berlino aveva aperto nel cuore dell´Europa, rinunciò a chiedere una pace reale.
Gli ultimi 57 anni si sono trascinati tra tensioni continue e colpi di Stato, segnati dagli interessi contrapposti dei grandi blocchi ideologici. La Corea del Nord si è trasformata in una dittatura comunista, oggi ereditaria. È tra le nazioni più povere del mondo, la popolazione è alla fame, minata da un sistema sanitario in abbandono, isolata, in un´economia allo sfascio e oppressa da un regime impegnato in un drammatico passaggio del potere. Implosa l´Urss, ha nella Cina la sola fonte di aiuto. Il Sud, sotto controllo Usa e riaperto ai commerci con il Giappone è diventato al contrario uno dei più straordinari esempi di crescita asiatica. È la 13sima potenza economica globale, Seul ha ospitato le Olimpiadi nel 1988 e in autunno organizzerà il G20, vanta i più grandi cantieri mercantili del pianeta e fenomeni industriali come Samsung, Hyundai, Posco e Daewoo. Inizia a non essere più un «gambero tra due balene» e la differenza di tenore di vita rispetto al Nord è così stridente che una riunificazione, pur sognata da tutti i coreani, si presenta sempre più difficile: 60 anni dopo, lungo il confine dimenticato, sembra così nulla sia cambiato.
Pechino ha sostituito Mosca alle spalle di Pyongyang, Washington resta padrona di Seul. Le due potenze del nuovo millennio si affrontano lungo le vecchie frontiere militarizzate del secolo scorso. La sola novità è la corsa atomica di Kim Jong-il, la prospettiva di una guerra nucleare senza senso, innescata dalla follia di un despota che sente avvicinarsi la fine.
Sud e Nord vivono ostaggi di quest´incubo, divisi da 248 chilometri di anacronistico filo spinato. La gente però sa che un 25 giugno 1950 è irripetibile. Se la comunità internazionale si unirà per scongiurare il pericolo atomico, nessun soldato coreano sparerà più su un fratello rimasto dalla parte sbagliata. Passerà ancora del tempo: ma le due Coree oggi sentono che il loro destino è quello di tornare una sola nazione, come nel Trecento avanti Cristo, sotto il regno di Tan Gun.

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