Anna la Rossa e Mike il Paisà  quelle spie della porta accanto

La casalinga, la vamp, l’opinionista: ecco i nuovi 007

Sembravano ordinarie famiglie sparse nei sobborghi della Virginia e del New Jersey
Fra le imputazioni per gli arrestati c’è anche il riciclaggio di danaro sporco

La casalinga, la vamp, l’opinionista: ecco i nuovi 007

Sembravano ordinarie famiglie sparse nei sobborghi della Virginia e del New Jersey
Fra le imputazioni per gli arrestati c’è anche il riciclaggio di danaro sporco

WASHINGTON. Bentornati fra noi, Mikhail, Natasha, Igor, Vladimir, o qualunque sia il vostro nome dietro le identità false di spie della porta accanto.

Grazie per averci riportato a un mondo più comprensibile e in fondo più sicuro, buoni e cattivi, indiani e cowboy, Cia e Kgb, noi qui voi là e Le Carrè in mezzo a raccontarci il gioco.
Vi avevamo un po´ persi di vista, nel bordello angoscioso e amorfo del terrorismo sanguinario senza stati o bandiere e degli “affari bagnati” alla Litvinenko che puzzano più di mafie che di funerali a Berlino, ma voi non eravate mai scomparsi. Eravate sempre lì, nostri vicini di casa. Anche se forse lo avreste voluto, travestiti da ordinarie famigliole di suburbanites americani sparsi nei sobborghi della Virginia e del New Jersey, per vent´anni assegnati a vivere la vita dell´erba da tagliare, del barbecue per il Quattro di Luglio, delle lezioni di nuoto e di soccer per i bambini, i vostri burattinai e i vostri cani da guardia non vi avevano mai dimenticato.
«Ricordatevi perché siete lì» li aveva rimbrottati un cazziatone dello “Sluzhba Vneshney Razvedki”, che era il Primo Direttorato del vecchio, caro Kgb, nel 2009: «Dovete raccogliere informazioni riservate politiche e militare e trasmetterle al C», alla Centrale. Sveglia, ragazzi, non siete lì per divertirvi. Ma quando la processione di auto senza contrassegni dello Fbi e della polizia di Montclair, il sobborgo di New York sui monti Watchung dai quale nei giorni limpidi si vede benissimo lo skyline di Manhattan sdentato per sempre delle due torri, ha portato via i Murphys, Cynthia e il falso marito (un alias) dalla casetta bianca fra altre casette bianche, le due bambine (vere) sono uscite abbracciando spaventate il cuscino sul quale dormivano. Si credevano americane, come i loro compagni di scuola. Non sapevano di essere cucciole di spie.
Da anni lo Fbi, il Federal Bureau of Investigation – non la Cia – che ha il compito del controspionaggio, vi teneva d´occhio, vi seguiva nei condomini di lusso di Capitol Hill, all´ombra della cupola del Parlamento a Washington, dove Mike Zottoli, la spia alle vongole, faceva la parte dell´italoamericano piacione con la finta moglie Patricia Mills, naturalmente «gli inquilini più simpatici del palazzo» secondo l´amministratore. Vi tallonava nei caffè da yuppies e da Sex and the City, tra cappuccini e wi-fi nei quali Anna la Rossa, la bellona genere classico da “honey trap”, da trappola al miele, cadde miseramente lei, nella trappola, quando un agente Fbi le chiese un passaporto falso e lei rispose “shit yes”, da disinvolta di mondo, “merda e come no?”.
Vi osservavano, poveri travet dell´intelligence, sui treni del commuting, la ferrovia per pendolari assonnati del New Jersey che vi portava verso i vostri finti lavori, di agente immobiliare (Anna era arrivata a due milioni di dollari in commissioni legittime vendendo appartamenti ai milionari russi con soldi da nascondere), di consulente, di impiegati di banca, di giornalista. Vi avevano intercettato le e-mail, ripreso mentre nell´intervallo per la colazione a Central Park, sbocconcellando felafel bisunti o hot dog grondanti di senape, facevate il giochetto del “tocca e passa”, scambiando foglietti con apparenti sconosciuti urtati per caso. O spedivate i “radiogrammi”, che fanno tanto Guglielmo Marconi sulle colline di Bologna, ma sono invece bursts, sofisticatissime e brevissime esplosioni di segnali radio supercompressi e illeggibili, dagli apparecchi nella cantina delle vostre case, alla sera, mentre la finta moglie svuotava la lavastoviglie e i bambini veri, figli loro, si lavavano i denti prima di addormentarsi abbracciando il cuscino.
Tutto come una volta, come negli anni nel quali sapevamo che russi e americani giocavano al “grande gioco” e non c´erano davvero segreti, dietro le paratie stagne che perdevano come colabrodi e le borse con i soldi per finanziare partiti, sindacati, politicanti astuti. E appena gli Usa e la Nato sfornavano un aereo nuovo, sei mesi più tardi un clone con la stella rossa già volava e andava bene così. Perché era sulla mancanza di veri segreti militari che riposava la certezza che né gli Stranamore del Pentagono pre, post o neo falchi, né i vecchi cardinali del Cremlino avrebbero mai osato pigiare il bottone del “Mad”, del reciproco annientamento garantito.
Questi undici spioni della porta accanto e della scala B interno 4, o forse più perché il procuratore della repubblica di New York, Mike Farbiarz fa capire che il gomitolo non è stato del tutto dipanato, non avevano ombrelli letali, pillole radioattive, puntali di ferro avvelenati nelle scarpe. James Bond non prenderebbe il treno delle cinque del mattino con il blackberry in una mano e la tinozza del caffè nell´altra mano, né parteciperebbe a riunioni condominiali. Non c´era licenza di uccidere per queste talpe innocue e profondissime, spedite alcune nei primi anni ’90, quando i fessi pensavano che la storia fosse finita e i cari Boris, George, Bill, Ronald, Vladimir fossero divenuti soci di una bocciofila internazionale. Dimenticando il monito di Lord Palmerston, che le grandi nazioni non hanno amici permanenti, ma soltanto interessi permanenti. Dovevano semplicemente diventare americani, usare quell´inglese magari con accento italiano imparato nelle leggendarie scuole del Kgb, le stesse dove si è formato per sempre «il mio amico Putin con gli occhi sinceri», come disse Giorgino Bush di lui.
I Murphy del New Jersey avevano imparato tutte le statistiche di baseball, per essere come il vecchio Joe del cortile accanto. Facevano il tifo per i New York Jets, la squadra che va in ritiro proprio dove loro vivevano. Non c´erano fra di loro afroamericani, ma finti ispanici, come Vicky Pelaez. Si era fatto un piccolo nome, Viky, nel giornalismo e aveva una rubrica di opinioni su El Diario, uno dei massimi quotidiani in spagnolo del nord est. Quando li hanno visti portare via in manette con il solito sfoggio di agenti, furgoni, luci roteanti, non si capiva chi fosse più sbalordito, se i conoscenti o le spie. Non sappiamo ancora quali informazioni terribili avessero passato, ora che in qualunque Internet Cafè di Rawalpindi è possibile studiare e copiare i diagrammi di ogni arma, atomica o convenzionale, ma non dovevano essere gran cosa se nel 2009 la “Centrale” li cazziava per scarso rendimento. L´Fbi sospetta che i russi fossero interessati agli “schianta bunker”, a quelle nuove mini atomiche capaci sbriciolare anche le fortificazioni sotterranee più robuste. I messaggi e le istruzioni dal “C”, dalla Centrale, chiedevano di infiltrare i circoli politici di Washington, di fare quello che ogni secondo segretario di ambasciata fa abitualmente, sciroppandosi strazianti cocktail party a Georgetown per mandare rapportini al ministero che nessuno leggerà, di frequentare personalità dell´alta finanza che comunque non prevedono mai Borse o mercati. E poiché la nuova Russia dell´amico Vladimir tiene al soldo, fra le imputazioni agli undici c´è anche, guarda caso, quella di «riciclaggio di danaro sporco», profumo di mafie e di paradisi fiscali. Se le accuse saranno provate, 20 anni di carcere attendono Anna la Rossa, Mike il Paisà, Kathy la Mamma. La sedia elettrica dei Rosenberg non funziona più. Ma le bambine dovranno aspettare a lungo per la prossima lezione di nuoto.

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