Dall’inizio del nuovo millennio Berlino ha sviluppato sempre più intensamente la vocazione di ricettacolo simbolico della memoria novecentesca europea: in primis la memoria delle due grandi catastrofi che hanno segnato il «secolo breve», nazismo e comunismo. Non càè zona della città che non porti incise le cicatrici della storia, non càè edificio del centro che non rievochi tragedie e sofferenze. Soprattutto ci sono i memoriali, a cominciare da quello dedicato ai sei milioni di ebrei vittime dell’Olocausto, l’enorme spianata di stele progettata e realizzata dall’americano Peter Eisenman accanto alla Porta di Brandeburgo, inaugurato cinque anni fa e divenuto una delle attrazioni più viste e fotografate dai turisti.
Dall’inizio del nuovo millennio Berlino ha sviluppato sempre più intensamente la vocazione di ricettacolo simbolico della memoria novecentesca europea: in primis la memoria delle due grandi catastrofi che hanno segnato il «secolo breve», nazismo e comunismo. Non càè zona della città che non porti incise le cicatrici della storia, non càè edificio del centro che non rievochi tragedie e sofferenze. Soprattutto ci sono i memoriali, a cominciare da quello dedicato ai sei milioni di ebrei vittime dell’Olocausto, l’enorme spianata di stele progettata e realizzata dall’americano Peter Eisenman accanto alla Porta di Brandeburgo, inaugurato cinque anni fa e divenuto una delle attrazioni più viste e fotografate dai turisti. Ma anche altre memorie a Berlino hanno reclamato e conquistato il diritto a un monumento. C’è quello degli omosessuali perseguitati e deportati in massa nei Lager. C’è quello che ricorda gli zingari eliminati in nome della purezza della razza. Ci sarà presto quello dedicato ai profughi tedeschi costretti dopo la guerra a lasciare le loro case fuggendo dai territori orientali.
L’ultimo edificio della memoria si chiama Topographie des Terrors, ovvero «Topografia del terrore», ed è stato inaugurato lo scorso 8 maggio, in coincidenza col 65esimo anniversario della resa senza condizioni firmata dai generali della Wehrmacht. Sorge a breve distanza da Potsdamer Platz, nella Niederkirchnerstrasse, esattamente nel punto in cui al tempo del Terzo Reich era situato il quartier generale della Gestapo, la famigerata polizia segreta di Hitler. Nelle immediate vicinanze si trovavano anche la centrale dei servizi di sicurezza e quella delle SS. Lì furono torturati migliaia di oppositori politici, lì negli anni della guerra si coordinava il terrore nei Paesi occupati dalle armate del Reich. Quei palazzi andarono in gran parte distrutti dalle bombe degli alleati, e dopo la guerra l’area è rimasta vuota e abbandonata, lambita tra il 1961 e il 1989 dal Muro che spaccava in due la città e di cui è conservato un tratto di alcune decine di metri in condizioni quasi originali.
Con l’inaugurazione ufficiale si è conclusa, dopo oltre vent’anni di polemiche, la vicenda di «Topografia del terrore». L’idea di aprire nel cuore di Berlino un centro di documentazione sul nazismo risale infatti al 1987. Al principio si trattava di un’esposizione all’aperto, fatta di pochi documenti e fotografie. Negli anni il materiale si è moltiplicato grazie anche al lavoro di giovani storici interessati all’iniziativa. In parallelo è sorta una fondazione, presieduta dal capo rabbino Andreas Nachama, che si è battuta per avere una sede appropriata. Un progetto firmato dall’architetto svizzero Peter Zumthor prevedeva un complesso museale con la forma di una baracca da campo di concentramento. Ma a causa dei costi troppo elevati non se ne fece nulla. Successivamente, dopo infinite discussioni e polemiche, la costruzione è stata affidata alla berlinese Ursula Wilms, la quale ha realizzato il grande edificio di forma quadrata che ora è finalmente visitabile.
All’interno si segue il percorso dell’esposizione tra ritagli di giornale, foto d’epoca, documenti, materiale di propaganda e testimonianze visive e sonore. Si cammina in mezzo agli orrori del regime e si imparano le tecniche spietate con cui i capi del nazismo riuscirono per 13 anni a resistere al potere in un costante inasprimento della violenza.
Nelle immagini esposte colpisce l’espressione della gente comune, per nulla sconvolta o scandalizzata di fronte alle efferatezze che si compivano. La documentazione consente di approfondire i meccanismi di funzionamento e reclutamento degli apparati di sicurezza del Reich, oppure di seguire passo dopo passo le vicende di singole persone perseguitate dalla Gestapo. «Topografia del terrore» non è solo un museo, ma si propone anche come centro di studi e ricerche: nel seminterrato è allestita una biblioteca con oltre 27mila volumi e ci sono sale per conferenze e convegni.
Lo spirito del nuovo memoriale è quello precisato dal borgomastro di Berlino Klaus Wowereit nel discorso d’inaugurazione: «Ricordando quel passato capiamo che la democrazia, la libertà e tutti i nostri diritti fondamentali non possono essere mai dati per scontati».
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