Campioni, anarchici e franchisti la Guerra civile del Barcellona

Nel 1937 la squadra catalana partì per il Messico e non tornò più in Spagna dove infuriavano gli scontri Questo episodio, avvolto nel mistero, è al centro di un libro che racconta quell’epoca, tra calcio e politica
Tra disordini e rappresaglie l’anima cruda di una città  divisa dall’ideologia

Nel 1937 la squadra catalana partì per il Messico e non tornò più in Spagna dove infuriavano gli scontri Questo episodio, avvolto nel mistero, è al centro di un libro che racconta quell’epoca, tra calcio e politica
Tra disordini e rappresaglie l’anima cruda di una città  divisa dall’ideologia Questo testo è tratto dal romanzo “Rosa di fuoco” di che, ambientato nel 1937 a Barcellona, prende spunto da un episodio vero che riguarda la squadra di calcio

Non era stato difficile infiltrarsi nella milizia anarcosindacalista, per il tenente franchista Sánchez Blázquez in missione segreta. Gli era bastato partecipare a qualche sciopero, facendosi notare tra le file davanti e buttandosi nelle mischie senza indugio per menare le mani alla prima occasione sulle guardie. Duro, deciso e silenzioso. Era stato Paco stesso ad avvicinarlo, attratto dalla sua risolutezza. (…)
La sera prima, mescolandosi ai tifosi del Barça, aveva pedinato Pep, il portiere, fin dentro ai vicoli del Barrio Gotico. In più di una circostanza avrebbe potuto sparagli un colpo alla schiena, ma poi perché? A chi serviva un altro martire, dopo il presidente Sunyol? Molto meglio l´idea che gli venne non appena ebbe scoperto cosa fosse andato a fare il calciatore in quella parte della città. E con chi. (…)
Erano giorni in cui la morte doveva inventarsi qualcosa per essere notata. La si incontrava così spesso, sulle strade di Barcellona, che ormai faceva parte del panorama come i platani, i chioschi o i lampioni di quell´architetto disturbato. Non che non ci si facesse caso per niente, sia detto: anche un gabbiano spiaccicato in terra lo si guarda. Ma era diventato normale imbattersi nei cadaveri di gente sparata mentre combatteva, o soltanto passava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Facile, perché Barcellona viveva parecchio sbagliata nell´attesa perenne del giusto. Solo nei cinque anni precedenti era stata bagnata dal sangue di oltre cento conflitti a fuoco: rivolte, disordini, scontri con la polizia, esecuzioni, rappresaglie. Proletari contropadroni. Stalinisti, trozkisti, socialisti, anarchici. E la Guerra civile, scoppiata un anno prima, aveva esasperato ulteriormente quell´anima cruda, eretica e violenta della città, a bollore già dall´altro secolo. La “Rosa di fuoco”, Rosa de foc in catalano: così era detta Barcellona dagli anarchici.
Ai becchini – e questo fu un caso in cui la morte riuscì a farsi notare – fece effetto il corpo di quella ragazza trovato senza vita in un buco di appartamentino nel Barrio Gotico, il quartiere vecchio della città. (…)
Il più anziano dei due necrofori aveva visto ben di peggio, un anno prima, quando ad esempio lo avevano spedito a raccogliere i corpi mutilati ai genitali di suore e frati in due conventi assaltati dagli anarchici. Roba da riderne all´osteria, e non dormirci la notte. Eppure si sentì a disagio quasi quanto il suo giovane collega. La ragazza – avrà avuto poco più di vent´anni – era legata polsi e caviglie come un quattro di spade alla struttura in ferro battuto del letto francese, sfatto. Lo sguardo ceruleo ancora terrorizzato, appeso alle macchie d´umido del soffitto. Una corda stretta intorno al collo.
Il beccamorto non pensò, di lei, che se l´era cercata, come quei sovversivi che andava a spazzare dalle strade, rimasti per terra come bottiglie vuote dopo una festa di quartiere, quando la guerriglia urbana faceva risacca. Pensò piuttosto che una così, neanche avesse campato altri cent´anni, lui mai se la sarebbe ritrovata sdraiata a gambe aperte sul letto, se non morta. E non sapeva, a quel pensiero, se essere più dispiaciuto per lei o per sé.

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