Brani tratti da Una vita in Prima Linea (Rizzoli editore, 2006)

«Ho sempre creduto che l’amore e il comunismo si debbano intendere e sposare, salvo scordarmene a tratti, annebbiato dalla foga e dalle durezze della battaglia».

«Ho sempre creduto che l’amore e il comunismo si debbano intendere e sposare, salvo scordarmene a tratti, annebbiato dalla foga e dalle durezze della battaglia».

«Un Comitato contro la tortura promosso dal Partito Radicale, in un dossier aveva documentato una sessantina di episodi di torture e pestaggi. Dopo il sequestro del generale Dozier e la sua liberazione, l’indicazione venuta dai vertici della polizia e del ministero era di non andare per il sottile, perché era giunta l’ora di farla finita. Lo aveva rivelato Franco Fedeli, direttore della rivista “Nuova polizia”.
In attesa della nuova polizia, però, quella vecchia e i carabinieri usavano sovente incappucciare i militanti catturati, talvolta trasferirli in case anonime e torturarli per giorni, sia con i metodi classici sia con quelli artigianali ed estemporanei. A due dei nostri, Adriano e Fernando, nell’agosto 1979, dopo le varie razioni di botte, il sale e l’aceto sparsi sulle ferite in una caserma nei pressi di Teramo, i carabinieri si erano inventati di costringerli a stare sulla punta dei piedi, legargli i testicoli con uno spago teso e assicurato a una finestra: se i talloni fossero stati appoggiati a terra, i testicoli si sarebbero strappati. Ancora peggio era andata a Franchino e Guglielmo, presi nel gennaio 1982 a Tuscania, dopo un conflitto a fuoco in cui erano morti due carabinieri e Lucio, il giovane compagno “Olmo”».
«Per noi, che siamo sopravissuti a un’esperienza comunque tremenda, alle armi e al carcere, diventa facile e ricorrente sentirsi fuori epoca e fuori posto. Allora, occorre ascoltare il nostro stesso racconto come venisse dall’esterno, reso ovattato e quasi irriconoscibile dal tempo. Come fossimo anche noi argonauti, superstiti che vaneggiano e vagheggiano da un luogo remoto, dove la storia e il mito ritornano a essere semplicemente storie: di uomini e donne, di vite e passioni, di amore e morte. Dove si può ricordare senza fare e farci male.
Dove si può parlare, anche solo fra noi, sottovoce. Per dovere, per fedeltà, per rispetto».

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